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DISCLAMER: Questo articolo è brutto e vecchio e invecchiato male, leggiti QUESTO che è molto meglio!

Piero Scaruffi, per chi non lo sapesse, è una delle personalità più assurde d’Italia (anche se preferisce l’America è pur sempre italiano).

Scaruffi è uno storico del rock (non ama tanto la definizione di critico) che tempo fa tirò fuori una enorme Storia Del Rock ora on-line nel suo vecchissimo (e se vede) sito, un’opera enciclopedica/critica/storica che fa sembrare la Gerusalemme Liberata poco più che un romanzo tascabile alla Camilleri. C’è di tutto, dai Rolling Stones alla band del circolo ARCI sotto casa (se vivi a New York, chiaramente), e il metro di giudizio di Scaruffi è di certo alquanto differente da quello del critico medio, dunque per me è stato fonte, assieme ad altri, di informazioni preziose.

Tutti, o quasi, odiano Scaruffi. In Italia almeno il 98% della popolazione.

In Primis perché il Piero nazionale non sa tenere a freno la lingua, se una band, anche rinomata (se non soprattutto), non gli piace, la distrugge sotto ogni punto di vista.

Per sintetizzare se no qui si fa notte: Scaruffi premia la sperimentazione, il nuovo (che segua però una precisa logica di pensiero, non: nuovo fine a se stesso), le correnti che cambiano davvero il corso della storia musicale, che pongono nuovi limiti o ne che distruggono di vecchi.

Per me è un ottimo metodo di critica, anche se mi trovo spesso in disaccordo con le idee di Scaruffi, non posso far finta di non notare che questo accade quasi sempre quando ci sono in ballo band che mi piacciono. E questo lo dico per onestà intellettuale.

Piero+Scaruffi+Beatles+scaruffi

È ormai storico il suo astio verso i Beatles, visti nel suo libro come un mezzo commerciale prima ancora che musicale; tale considerazione gli ha creato una folta schiera di nemici che, almeno a mio avviso, sono quasi sempre dei perfetti cretini.

Quando mai in Italia si dà peso al giudizio di un critico? Quasi mai, e c’è una ragione ben specifica perché ciò accade: il critico italiano medio tende a parlar bene di qualunque band, meglio ancora se famosa. Leggersi certe recensioni sul Rolling Stone fa venire i brividi, il servilismo verso le case discografiche è lampante, quasi perverso nella sua continua ostentazione.

Inoltre c’è da dire che gran parte dei provetti critici nostrani raccontano panzanate a tutto spiano, per poi fare le pulci a Scaruffi.

Che i Beatles siano nati come risposta politically correct al rock and roll nero non mi pare una bestemmia, è un dato di fatto negabile soltanto con una disonestà intellettuale assoluta. Possiamo discutere sul fatto che fossero validi o meno, o che fossero solo capitati al momento giusto nel posto giusto (o col produttore giusto nell’etichetta giusta), possiamo discutere sulla qualità dei singoli e degli album, ma è innegabile che i Beatles non hanno inventato nulla di trascendentale, ma piuttosto sono stati portavoce di uno stile e di un modo di fare musica a loro coevo. Se avete letto delle note negative in questa analisi è perché partite col pre-concetto (sbagliato) che non inventare sia una cosa negativa. Perché? Non è che siete come Scaruffi allora?

Parliamo dei critici sul web che vogliono la testa di Scaruffi? Una leggenda metropolitana che va molto di questi tempi, figlia chiaramente di un ignoranza mascherata da conoscenza, è che i Led Zeppelin abbiano copiato dagli Humble Pie. 

Ma porca pupazza, tra tutti i santi gruppi da cui i Led Zeppelin hanno spudoratamente copiato (anche se è inesatto, e poi vediamo perché se me lo ricordo) mi prendi gli Humble Pie di Frampton e Marriott? Già trovare le somiglianze per me è una forzatura. Nascono praticamente nello stesso anno, ma da due situazioni assolutamente diverse. I primi dalle ceneri degli Yardbirds (o dei New Yardbirds, o dei Nouvelle Uccell’ o come cavolo si chiamavano dopo il duecentesimo cambio di formazione) band dalla formazione blues che dà alla chitarra quell’importanza fondamentale che poi sarà l’oggetto della discussione musicale in ambito rock per gran parte dei primi ’70. I secondi nascono dalla ex-band di Steve Marriott, gli Small Faces, i mod in diretta concorrenza con i mod per eccellenza: gli Who. Cacchio gli Small Faces ci acchiappavano di soul e di presenza sul palco alla Who, ma gli Yardbirds facevano ben altre cose.

Una volta che Humble Pie e Led Zeppelin si sono formati già di partenza le diversità sono chiare, limpide. I Pie sono la versione hard degli Small Faces, ma senza la vena psichedelica, e sopratutto senza idee particolarmente sconvolgenti (c’erano anche i Cream là a giro, mica la banda dei fiati di San Miniato basso), mentre gli Zep non solo sono la versione molto (alla terza) più hard degli Yardbirds, ma portano avanti nuove idee plasmando il vecchio blues, che sarà una fonte di approvvigionamento costante in tutta la loro carriera da hard-rocker, spingendo verso una psichedelia più funzionale e meno “a caso”, polverizzando il primato del prog e portando il grande rock nei grandi stadi.

Un paio di differenze insomma.

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Vabbè, come al solito nei miei post non si capisce niente, ma la questione è proprio terra terra. Prima di criticare Scaruffi vorrei perlomeno avere un pizzico della sua cultura (generale). Poi chiaramente è un borioso del cacchio, la pagina di nonciclopedia su di lui è più attendibile di quella di wikipedia, non ci sono dubbi, però è anche vero che c’è una forte analfabetizzazione musicale in Italia.

Anni fa, quando Scaruffi parlava bene di Beefheart, dei Red Crayola, dei Fugazi, dei Pere Ubu, di quel gran cazzone di Klaus Schulze, nessuno se li cagava di striscio (parlo del mondo ancora più analfabetizzato musicalmente che è internet) ora sono i miti di un sacco di gente.

Io credo che la critica musicale, come la critica artistica in generale, solo nel tempo dimostra la sua validità.
Nel 1874 la gente s’andava a vedere CabanelBouguereauBaudry, e quella era considerata da tutti i critici Arte Immortale, mentre quegli sfigati che facevano la mostra a casa di Nadar (fotografo piuttosto eclettico, a mio avviso assomiglia tantissimo allo zio Eduard di Mort À Crédit) erano considerati imbecilli destinati a finire nel dimenticatoio per sempre.

P.S.: Essendo nata nei commenti la solita diatriba sui Beatles eccovi una mia riflessione in merito.

P.P.S.: [2021] Questo articolo è vecchio e scritto di getto da un giovane me molto irriflessivo, se volete un aggiornamento su questa “questione” eccovi un succosissimo link.

62 risposte a “La Questione Scaruffi”

  1. Ottimo articolo! Scaruffi è stato ed è la mia fonte di buona musica principale. Anche se è palesemente un esaltato, mi ha fatto conoscere gente come J.G Thirlwell (che ascoltano altri 2 nel mondo e non li ho ancora trovati), Beefheart e naturalemnte il buon Klaus! Sui Beatles poi secondo me ha non ragione, di più. Altre cose molto meno. Ma resta un grande! Respect for Piero

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    1. Mitico Foetus, ancora più esagerato come Steroid Maximus (ma glieli consigliava qualcuno gli pseudomini a Thirlwell? E se sì, quali droghe prendeva?) in quel Quilombo che mi ha definitivamente sconquassato il cervello. Ci sono dei momenti in quel disco in cui vado seriamente nel panico.
      Sui Beatles ci sono tante variabili che a mio avviso Scaruffi fa male a non prendere in considerazione, si è un po’ fossilizzato su quella posizione, il che non è da lui (ha dimostrato spesso una certa elasticità di pensiero) . E poi quel 7 a Aquarium degli Aqua è un pugno allo stomaco.

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      1. Steroid Maximus/Ectopia è un disco pazzesco. Della serie te li do io i Beatles….. Abbracci..

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    2. Anche io ho scoperto Foetus grazie a Scaruffi, mi ha attaccatto così tanto la scimmia che sono riuscito a recuperarmi i vinili di Hole, Nail e Thaw

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    3. io sono il terzo e ne conosco almeno altri due (a meno che loro non siano i tuoi stessi)… 🙂

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      1. In questi giorni sto ascoltando i Throbbing Gristle, che sono tipo i padrini dell’industrial, non so se già li conosci ma se ti piace Foetus potrebbero stuzzicarti.

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  2. “Che i Beatles siano nati come risposta politically correct al rock and roll nero non mi pare una bestemmia, ”

    a me invece si… Ti ricordo che i I Beatles sono arrivati dopo Elvis.
    Casomai era Elvis la risposta Bianca ai neri,
    I Beatles erano una versione “aggressive” del rock di Elvis, quindi pur non avendo inventato il rock gli hanno
    sicuramente dato una bottarella di aggressività come i Sex pistols hanno fatto col punk o gli Iron Maiden con l’heavy
    e cosi’ via..
    di conseguenza di cosa stiamo parlando ?
    semplice: di un tizio (Scaruffi) che vuole avere un “risalto-facile” semplicemente attaccando a “muzzo” tutte le
    band a lui poco congeniali.
    In altre parole.. un fesso.

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    1. Un attimo, diamo un ordine alle cose.
      Penso sia chiaro (in particolare nel post successivo a questo, che ho linkato in fondo all’articolo) che il giudizio di Scaruffi non mi vincola, credo sia uno storico “sociale” del rock, non un critico (come lo è per esempio Bertoncelli), però mi sento in dovere di risponderti per chiarire alcuni concetti.

      I Beatles sono una band fondamentale per comprendere il rock come fenomeno di massa, la loro fama era a livelli tali che se avessero fatto un disco in cui c’erano solo rutti più o meno metà dei prodotti musicali dell’anno successivo sarebbero state scoregge. Però a livello culturale (intesa non come cultura pop) i Beatles giocavano su un piano diverso da quello del rock inteso come trasgressione.

      Certamente sono anch’essi figli della beat generation, anch’essi appartengono ad una nuova generazione che ripudia la precedente a suon di droghe e allucinogeni, ma qui finiscono le similitudini.

      Il discorso è complesso, però visto che mi hai dato la possibilità di intraprenderlo spero avrai la pazienza di leggerlo (un blog serve sopratutto a questo, a intavolare discussioni su un dato argomento).

      I maestri del rock dei Beatles sono Ritchie Valens, Little Richard, Buddy Holly, ma sono anche il rock “duro e puro” degli anni ’50? In realtà negli anni ’60 i sopra citati erano già considerati dagli appassionati come la vecchia guardia, superata di gran lunga dai vari Shadows, Ventures, il grande Dick Dale, i Trashmen (tutti gruppi ben più aggressivi dei primi Beatles). Queste band che ti ho elencato erano un avanguardia strumentale che ritarderà a fare breccia a causa del ritorno al cantato portato dai Beatles e dai Beach Boys, citandoti un certo Brian May:

      “Instrumental music was now, for years, the thing, right up to the time when the Beatles re-introduced the primarily vocal approach.”

      Considera inoltre che già personaggi come Little Richard non avevano minimamente quella carica di rivoluzione sociale portata dai vari Son House, Blind Willie Johnson, Howlin’ Wolf, Leadbelly, Robert Johnson e compagnia cantante.

      Questo apporto dei Beatles e dei Beach Boys (perché la loro influenza è stata pari negli anni che li hanno visti protagonisti assieme ai Rolling Stones) porterà indietro il rock, spegnendo influenze che arrivavano dal jazz di Johnny Smith e dal be-bop, e azzerando le innovazioni tecniche portate da gente come Dick Dale e Duane Eddy.

      Tu mi dirai: “bella storiella rimbambito, però tutti ‘sti stronzi sono bianchi come la calce, qui parliamo di neri” e infatti tutto questo giro del cazzo per arrivare a dire che: se da una parte i Beatles e i ragazzi da spiaggia ri-fondano il primato della voce cancellando la sperimentazione, dall’altra inseriscono nella cultura popolare inglese (poi europea, e infine mondiale) una rivoluzione concettuale di trasgressione che arriva dall’America (e che nasce dalla cultura nera), ma decontestualizzando la rivoluzione generazionale americana la rendono inoffensiva. La lotta contro la guerra in Vietnam sarà principiata dai Fugs, quella per la liberalizzazione delle droghe passerà da Albert Hofmann e William Burroughs fino ai grandi ritrovi agli Acid Test. I Beatles saranno emanazione di quel mondo, ma non la sua miccia.

      Considera inoltre che ben prima che il quartetto di Liverpool si interessasse di politica c’era il Greenwich Village e il folk antagonista. Prima ancora di Lucy in the Sky with Diamond c’erano le varie Love Seems Doomed e mille altre.

      Lo stesso discorso è valido per i Sex Pistols, arrivati molto tempo dopo il punk americano degli Stooges, degli MC5, dei Sonics e mille altre band, per portare quella rivoluzione anche in GB. La differenza però è sostanziale, se gli Stooges erano la feccia di Detroit i quali raramente finivano un concerto senza una rissa, i Pistols si atteggiavano da duri, ma come ricordano i Ramones e Richard Hell in “Please Kill Me” (il miglior documento sul punk, scritto da Legs McNeil il fondatore della rivista “Punk” e Gillian McCain) erano perlopiù scena e poca sostanza. Con i Ramones si stava già parodizzando quel tipo di punk, il quale in America si stava evolvendo nella più matura new wave (vedi i Television).

      Inoltre considera quel punk inglese come un terreno non molto fertile, se compari la scena punk americana che nasce con i Velvet Underground, Patti Smith e Stooges per poi evolversi in Television, Pere Ubu, Joy Division e poi ancora nell’hardcore anti-reganiano dei Black Flag, Minor Threat, Bad Brains, e poi ri-evolversi negli Hüsker Dü, nei Fugazi e poi ancora nel grunge fino al garage-punk dei Thee Oh Sees e cazzi e mazzi vedi come i Pistols furono alla fin fine figli di Malcolm McLaren e Vivienne Westwood e finita lì. Questo non toglie nulla a “Never Mind the Bollocks” che rimane la pietra miliare che è, ma al tempo stesso non è né l’unica né la più importante.

      Tornando alla questione Scaruffi (anche se forse dovrei cancellarlo questo post maledetto) credo che il lavoro storico di Scaruffi possa essere considerato (ma non è né l’unico né il più attendibile), mentre quello da critico infischiato alla grande. In fondo uno segue un critico in base ai suoi gusti: se il critico ha dei gusti musicali che sono simili ai tuoi sai che puoi fidarti, se invece sono molto diversi allora lo ignori, perché non ti può aiutare a trovare una band a cui potenzialmente ti appassionerai. Per me non è un fesso, è uno con una opinione che non è la mia.

      Spero di averti chiarito il mio punto di vista.

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      1. non e che chi più duro suona più innovativo e.i Beatles suonavano il punk gia al cavern dal 58 al 61 riprendendo i brani rock and roll dei 50 e trasformandoli in punkrock con estenuanti performance di ore e ore di musica rock and roll sporcata con annesse risse e smashings.non siamo neanche ai 60 e gia i Beatles avevano inventato la musica underground.poi la musica dura di cui tu parli e solo una copia del blues americano di cui i Beatles fin dai primi esordi discografici si alienarono facendo un genere comunque gia più elettronico e quindi più futuribile.a dirla tutta io penso che i Beatles non hanno influensato il rock e vero,i Beatles hanno dato il via alla musica elettrica passando ovviamente dalla musica nera ,a differenza degli altri gruppi che invece avevano copiato dalla musica nera solo esasperandola e facendola diventare solo più dura e cattiva man mano diventando hard heavy metal,fino a diventare ai girni nostri la musica dei figli di papa frustrati come scaruffi.mentre i Beatles sono ancora oggi un feneomeno spiazzante,,, perché hanno trasformato ed innovato senza urlare ,per quelli che non avendo orecchio fine credono che l innovazione sia nell hard,la musica rock e cancellandola definitivamente.vedi si sta ancora parlando di rock e dei suoi sottogeneri ,ma la verità e che i Beatles l hanno distrutto nel 1967,riproponendelo nel modo piiu classico personalizzato i due anni dopo per poi andarsene di scena. e noi qui stiam ancora parlando di rock.

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        1. Intanto grazie del commento, anche se sono piuttosto sconcertato della mole di commenti che in questi giorni un post su un semplice critico sta accumulando. E io che credevo che avrei ricevuto fior di insulti per la recensione sugli Arctic Monkeys, o che mi avrebbero fatto le pulci su quella infinita alla discografia dei Pink Floyd! Devo dedurne che il rocker più seguito sul web… è Scaruffi!

          Scherzi a parte, ci sono due cose del tuo intervento su cui non mi trovi d’accordo.

          Che tra il ’58 e il ’61 i Beatles avessero già inventato il punk non è semplicemente improbabile, ma non è proprio storicamente accettabile. La cosa è piuttosto chiara, e sono certo che converrai: già prima dell’avvento del rock, ovvero col bebop, i musicisti scatenavano danze al limite della follia e conseguenti risse. Anzi, non era di certo una rarità se molti concerti bebop (stiamo parlando degli USA, ovviamente) finivano in vere e proprie orge! Nel rock, in particolare nel 1957, il grande Jerry Lee Lewis dava fuoco non solo agli animi, e quando mai i suoi concerti non finivano in risse?

          Ma tutto quello che ti ho appena elencato NON è punk. Il punk, anche nella sua purtroppo abusata forma: proto-punk, ha delle basi che non sono semplicemente il ritmo più veloce e le canzoni più brevi, ma viene sorretto da una filosofia di vita che ha una precisa collocazione storico-sociale. Tra i primi punk consapevoli c’è Patti Smith, la madrina del genere, tra quelli non-consapevoli i Sonics, i Troggs e ovviamente gli Stooges. Quello dei Beatles era un rock and roll assolutamente scatenato (per gli Europei) ma senza le tematiche nichiliste o “da strada” delle personalità che ti ho appena citato.

          Che poi considerare i Beatles come un fenomeno di nicchia prima dell’avvento di George Martin mi sembra normale, il rock che vendeva in America prima della British invasion era altro.

          Il via alla musica elettrica in alcun modo, senza alcuna possibilità, non l’hanno dato i Beatles! Erano molte le band popolarissime (e per popolarissime intendo che vendevano milioni di dischi, mica ciambelle) e gran parte di esse erano elettriche. I Del-Tones di Dick Dale, gli Shadows (che oltretutto precederanno i Beatles anche nell’uso della voce, dato che il rock allora era ad appannaggio di band strumentali) e ovviamente gli straordinari Ventures, che ancora oggi vendono decine di migliaia di album con le sole ristampe.

          Poi dell’opinione di Scaruffi a me, come ho già abbondantemente suggerito nel post che ho linkato alla fine di questo, non me ne potrebbe fregare di meno. Però sembra che invece agli altri freghi molto.

          Grazie davvero per aver trovato il tempo di commentare, mi sono preso la libertà di correggerti su due punti, ma in generale tutto quello che ha che fare con la storia del rock va preso con le pinze. In realtà non esiste una storiografia ufficiale, il che è del tutto normale, considerando che è un genere nuovissimo, e per riuscire ad avere un minima infarinatura anche solo degli esatti movimenti nei primissima anni bisogna faticare ancora un po’!

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          1. tematiche nichilistiche e da strada”””.stiamo parlando di ragazzi che venivano dai sobborghi più malfamati di Liverpool cresciuti senza genitori,quindi la rabbia contro il sistema c era tutto.poi la tematica l hanno inserita i gruppi a venire definendo il genere punk.non e che i Beatles avessero inventato il punk ma nel loro suono, spece quello agli inizi c era un qualche cosa di più ele ctrictech rispetto all otreoceano e stiamo parlando di cover,poi le cassette del cavern non ce l abbiamo…….,poi lo stesso suono electrictech lo trovi anche nei primi album ma molto sotterrato per motivi manageriali….cioe nel loro modo di copiare dal rock and roll cera sempre qualcosa di originale a differenza di altri gruppi rock del periodo che attingevano tal e quale dalla musica d oltreoceano solo con più riff o più hard e cosi via il rock e arrivato man mano ai giorni nostri con le sue varianti.mentre il genere Beatles non e arrivata ai nostri giorni perché e un nongenere……nel momento in cui esce sergent peppers il rock muore, questa e la verità al di la di tutto, dopo a day in the life qualsiasi intento di sperimentare appare ridicolo.non e più una questione di generi o di chi e più hard o di chi e più di nicchia o di tematiche che pur come abbiamo visto sono diventate roba da figli di papa borghesi poltical. con quel disco i Beatles cambiano le carte in tavola non perché inventano ma perché smontano tutto con un viaggio simbolico tra la malinconia e l ironia.quello che lasciano e solo fantasia non un genere. poi con il doppio bianco sono ridiventati reali,e fanno vedere come si dovrebbe suonare il rock ai comuni mortali.da manuale.

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            1. Mi fa piacere leggerti così appassionato di questa band, fulcro del passaggio fondamentale tra il rock strumentale e quello vocale, però guarda che stai forzando eccessivamente i già tanti meriti dei quattro giovanotti di Liverpool.

              Qualunque tematica potessero i Beatles tirar fuori lo faranno dal ’65 in poi, ovvero quando il pallino passa da George Martin a Lennon & McCarty. E comunque già all’epoca del successo mondiale di “Please Me, Please Me” non solo non erano già più i ragazzi della Liverpool che definisci in modo troppo frettoloso “malfamata”. Considerando che nel ’62-’63 avevano tutti di media 20 anni, e considerando che sì: a Lennon e McCarty morì la madre giovane, ma sia loro due che Harrison erano iscritti al Liverpool Institute (il famoso “The Inny” che si legge nelle biografie degli scarafaggi beat) dove si discuteva amabilmente di Ginsberg e della letteratura beat, trovo difficile descrivere il tutto come “un’esperienza di vita sulla strada” o da “sobborghi malfamati”. Diciamo che i Beatles adoravano marinare la scuola. Come non capirli?

              Comunque, anche senza le registrazioni del Cavern, non vedo come un album come “Please Me, Please Me” abbia elementi di novità elettriche rispetto a qualsiasi album di fine anni ’50 dei Ventures (lo stesso Harrison si ispirerà – e plagerà, lo stile elettrico della band più famosa al mondo in quegli anni, tra i diretti discendenti ci sono anche John Fogerty, Dave Davies, Johnny Thunders, Jimmy Page, Joe Walsh, Brian May, Peter Frampton e tantissimi altri). Inoltre la musica nera di riferimento per i Beatles erano i vari Ritchie Valens, Little Richard, Buddy Holly, peccato che erano tutti musicisti già superati nello stile e nelle tematiche da artisti come Robert Johnson, Howlin’ Wolf (che rinascerà con le fattezze del distruttore del rock, ovvero Captain Beefheart), Son House e via dicendo.

              Mi parli di riff “più hard”, ma mi sa che gli album degli Shadows, dei Del-tones, dei Ventures non li hai ascoltati attentamente. Vogliamo considerare che nel 1964 erano già a giro i Troggs? Trovo assai difficile, se non assolutamente impossibile, poter affermare che esista una sola singola canzone dei Beatles dal 1966 in poi che abbia anche solo sfiorato la durezza dei riff dei Troggs, o abbia mai tentato di scrivere testi così espliciti e punk nell’anima. Ti consiglio, se hai tempo, di ascoltarti i primi tre bellissimi e divertentissimi album di questa geniale band.

              Il tuo discorso su Sgt. Pepper po non potrebbe trovarmi più in disaccordo. Prima di quell’album erano già usciti i capostipiti della psichedelia, la differenza è che i Beatles avevano studi di registrazione che manco Gesù, e senza infilarci dentro né free-jazz né lo Stockhausen che se ne sta bello lì in copertina, faranno un album di singoli pop con influenze psichedeliche.

              Come avevo discusso prima con un altro commentatore già nel ’69 la forza creativa della band era in fase decisamente calante, considerando inoltre che nel ’66 era pronto per la pubblicazione un album fortemente rivoluzionario come “The Velvet Underground & Nico” che anticipa le linee di tutto il rock fino a buona parte degli anni ’80!

              Secondo il mio modesto punto di vista ti focalizzi troppo sui Beatles e poco sul contesto. Non è necessariamente un male, insomma, dobbiamo anche dircela tutta: stiamo soltanto palando di rock! Però da un punto di vista strettamente storiografico, che è necessario per poter dare giudizi di tipo critico il più oggettivamente possibile, ti consiglierei di provare ad ascoltare le band che ho sopra citato, sapendo che non sono che il 10% di un’intera generazione a cavallo tra i ’50 e i ’60 che ha sfornato album leggendari che sono tutt’ora fonte di ispirazione per tantissime band.

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              1. avere orecchio per la musica e una dote non una questione di riff più o meno hard.sai ho letto un po come la pensi in generale e tecnicamente devo dire che hai studiato molto bene o forse e meglio dire che ti hanno fatto studiare.ma tornando a noi,non so se ti e mai capitato di conoscere quei tipi hardrock o heavy metal o dead metal oppure punk con tutti i capelli sporchi lunghi e con tutta quella espressione da fucking duri incazzati con il mondo,salvo poi vedere che sono figli di papa gli stessi figli del sistema di cui loro fanno parte ma allo stesso tempo vogliono far vedere di essere rebel ascoltando musica hard oppure conoscere come e iniziato qualcosa solo perché hanno letto qualche libro della beat generation.senza neanche rendersi conto che mentre cercano di essere di nicchia sono diventati tutti commerciali da comitiva diciamo hard.ecco e questa e l impressione che mi dai,scusa ma sono un sensibile come solo la penna di un lennon puo essere anche se non sapeva suonare la chitarra come page oppure la voce come lou.ecco questo fa la differenza la sensibilità non la sperimentazione.ti saluto.

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                1. Tranquillo, puoi esprimere le tue impressioni con la massima libertà.

                  Mah, personalmente non sono punk o metallaro, ho sempre trovato ridicolo l’etichettarsi con una passione musicale, alla fine il risultato mi pare più una parodia che una vera e propria adesione ad un pensiero (quale sia poi il pensiero dietro il metal proprio non me lo immagino).

                  Nessuno mi ha fatto studiare rock, l’ho scelto per passione.

                  Non ho problemi con i Beatles, ritengo che il loro successo sia giustificato, e certamente la sensibilità dei suoi singoli elementi (escluso quel tamarro di Ringo) è testimoniata in modo efficiente da tutti i media.

                  La sensibilità è una bella cosa, ma non ci fai un discorso critico. Per giudicare Paolo Uccello non puoi basarti sulla sensibilità, stessa cosa per Manzoni, Kafka, Picasso, Bach, Poulenc, Orson Welles e via all’infinito.

                  Il mio approccio alla musica è storico.
                  Se hai letto alcune delle mie recensioni, e mi riferisco in particolare a quelle sui Pink Floyd, noterai come differenzio in modo netto questi tre concetti:
                  – fruibilità
                  – godibilità
                  – valore storico

                  Per me un disco può essere estremamente godibile, se non il mio preferito, ma avere comunque uno scarso valore storico-concettuale. Per me il rock è un arte come tutte le altre, ha le sue basi tecniche, i suoi valori sociali, concettuali, contestuali e cazzi e mazzi. Quasi tutti i dischi che io personalmente preferisco dei Pink Floyd nella disamina critica li distruggo pezzo per pezzo. Una cosa è la godibilità personale, un’altra è il giudizio critico. A volte vanno a pari passo, altre no.

                  Non sono un’idiota che ascolta a casa gli Arcade Fire però poi recensisco i Red Crayola, più un disco fa rumore e meno riferimenti classici mi dà più mi piace intimamente. Io amo immergermi nella musica, farmi trascinare, provare emozioni e stimolarmi pensieri che altrimenti non avrei avuto. Per questo gli Arcade Fire mi fanno pienamente cacare, sono falsi, fanno canzonette da tre soldi, ma vendono milioni di album e quindi se devo criticarli in una scheda tecnica prima mi ascolto TUTTI i loro album, poi mi ascolto TUTTI gli album coevi che vengono considerati dai critici che seguo i più FONDAMENTALI, e una volta che ho una visione d’insieme posso dare un giudizio oggettivo.

                  I miei giudizi personali sui Beatles nascono da anni di passione.
                  Assieme ai Rolling Stones erano le due band preferite di mio padre. Da adolescente ascoltavo solo loro assieme ai Led Zeppelin, i Deep Purple, i Genesis e i Pink Floyd (per anni la mia band preferita). Conosco Scaruffi da due annetti più o meno, ma il giudizio sulla band me lo sono fatto anni fa leggendo Bertoncelli, Lester Bangs, Simon Reynolds e leggendo riviste su riviste. Inoltre non avendo niente di cartaceo su Scaruffi lo leggo perlopiù come tema di discussione sui forum, i critici che seguo sono altri, e tra l’Università, il lavoro, gli studi di cinema, teatro, etnomusicologia, la passione per il fumetto e altri cazzi mi bastano e avanzano già quelli di Blow Up, Rumore e Buscadero, quelli “in contro-tendenza” li valuterò più avanti.

                  Nessuna di queste riviste mi ha mai parlato male dei Beatles, e difatti io NON parlo male dei Beatles. Li valuto esattamente per i loro meriti, grandi, grandissimi. Ma non gliene regalo di inesistenti.

                  Un ultimo appunto: la canzone più bella di Lennon (per la mia sensibilità personale) è Isolation (“John Lennon/Plastic Ono Band”, 1970), l’unica volta in tutta la sua carriera in cui è stato sincero con chi lo ascoltava, un sommesso, desolante, nichilista e tragicamente pessimista urlo di dolore contro la realtà che lo attanagliava. Il miglior pezzo di Lennon, dei Beatles, del rock autoriale in assoluto.

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      2. Io volevo solo dire che son d’accordo con te in tutto e per tutto.
        Però i Joy Division inglesi…

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  3. Ciao,
    grazie per la tua risposta e perdonami per il ritardo della mia 🙂
    Non me la prendevo tanto con il tuo articolo quanto con lo Scaruffo.
    Le tue considerazioni sono giuste e precisissime, però:
    “i Beatles giocavano su un piano diverso da quello del rock inteso come trasgressione.”
    Vero, ed in questo senso credo che Martin ed Epstein abbiano avuto non poca influenza,
    I Beatles non dovevano apparire trasgressivi.. dovevano vendere all’inverosimile, ma
    basta certo questo per paragonare i Beatles ai TakeThat (cosa che invece qualcun’altro ha fatto).

    Riguardo invece alla citazione di Brian May: probabilmente va a scuola di pensiero, ma mi risulta difficile
    pensare che i vari Shadows, Ventures, il grande Dick Dale, i Trashmen non hanno venduto miliardi di dischi per colpa
    dei Beatles.. è un po’ come dire che gli Iron Maiden sono stati annebbiati dai Boj Jovi… poi boh… io la penso
    cosi’, magari sbaglio eh .. ma non penso che Beatles e Beach Boys (e perchè no mettiamoci pure Rolling stones allora)
    hanno cancellato la sperimentazione. Chi amava il genere sperimentale probabilmente seguiva poco o niente i Beatles,
    viceversa chi seguiva i Beatles (periodo prima del 67) amava la canzone melodica… insomma.. a me sembra che siano
    2 binari diversi, magari vicini, paralleli ma diversi.. puoi stare su uno, sull’altro o nel mezzo.

    Parlando invece della rivoluzione culturale, Vietnam ecc.ecc. siamo pienamente daccordo. I Beatles non sono stati
    certo la miccia, assolutamente.. anzi forse hanno a malapena sfiorato la cosa… ma forse.. non era neanche il loro
    scopo esserlo… Credo che a nessuno sia mai passato per la testa di pensare ai beatles come i creatori del
    Flower-power o sbaglio ?
    Al contrario, (tornando sullo Scaruffi), trovo demente qualcuno che ti dice che Grazie ai Beatles la gente è convinta
    che i figli dei fiori sono nati alla fine degli anni 60… (La gente è convinta di questo perchè Woodstock è stato nel 69
    e la maggior parte delle persone associa Woodstock ai figli dei fiori, alle rivoluzioni studentesche, al vietnam ecc.ecc.
    in tutto questo i Beatles che c’entrano !?!?)

    “Considera inoltre che ben prima che il quartetto di Liverpool si interessasse di politica c’era il Greenwich Village e il folk antagonista”.
    Si, ma credo che nessuno ha mai seguito i Beatles in relazione alla politica, ma magari solo per la semplicità e bellezza melodica
    dei brani (che non è una cosa cosi’ scontata come pensa Scaruffi).

    Infine.. sulla questione Scaruffi (e poi basta che ci ha rotto ad entrambi :)) se uno vuole fare il critico deve essere
    quantomeno imparziale e non sparare a zero su ciò che non gli piace.
    Fine, ad ogni modo complimenti per la tua preparazione storico-musicale e buona fortuna con questo ottimo blog.

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    1. Ehilà,
      grazie a te per il commento e la voglia di aprire una discussione senza sfasciarci i boccali di birra in faccia.

      Sicuramente i Beatles sono La Macchina di vendite assicurate per eccellenza, poi da quel modello sono ne state prodotte tantissime ma mai con un impatto così mastodontico nella storia e nella cultura pop. Però il freno alla sperimentazione nel rock è un dato di fatto, ma attenzione: non del tutto negativo.

      Senza la beatlesmania non sarebbe nato il movimento più rock di sempre: il garage. Migliaia di piccole band americane che prese dal seme del warholiano:

      In the future, everyone will be world-famous for 15 minutes

      ma sopratutto dalla voglia matta di fare un mucchio di soldi, cercarono la via del rocker tramite l’esempio in negativo o in positivo dei Beatles. Lascia stare commenti idioti come quelli di Fripp sul fatto che ha imbracciato una chitarra dopo aver ascoltato i Beatles, perché non ha dei reali risvolti sulla sua musica, al contrario di quei dementi critici che oggi lo sostengono, piuttosto attieniti a dei fatti. Esempi? Il rock avveniristico dei Monks, una band che si definiva anti-Beatles che proporrà del materiale straordinario per la sua modernità, e che oggi vengono riletti come anticipatori del punk e del garage più maturo (alcuni addirittura come fondatori di una specie di pre-kraut-rock!!!) , ma allo stesso tempo le classifiche dimenticheranno le band così all’avanguardia per preferire tristi gruppi canori a cappella che imitavano Beatles e Beach Boys.

      Ecco cosa intendo per “cancellare la sperimentazione”, i Monks per debellare i Beatles utilizzavano il loro linguaggio indurendolo, ma come tutti avevano scordato i fasti del rock strumentale, scomparso da ogni tv o radio che sia.

      Una volta riappropriati di quel sound verranno alla ribalta i vari Jimi Hendrix e il rock elettrico pieno di suite strumentali fatte di fuzz, distorsioni e vaneggiamenti esoterici e spirituali (Grateful Dead, tanto per intenderci) , che intanto subivano l’onta delle classifiche ma che si appropriavano dei fan più puri e incazzati del rock.

      Sulla questione invece dei Beatles che “spostano le lancette in avanti”, cioè del fatto che Scaruffi sostenga che molti degli avvenimenti storici collegati al mondo hippie vanno di pari passo con gli album dei quattro di Liverpool, in un livello generale ci può anche stare. Considerando che la fascia di ascolto dei Beatles è larghissima è piuttosto chiaro che molti di essi siano ascoltatori passivi, che viaggiano da Concerto dei Nomadi a Helter Skelter senza passare dal via. Pensa al contesto dei Beatles come popular nei termini più universali che si possa immaginare. Molti ascoltatori abituali non hanno nessuna coordinata storica che li possa aiutare, così per loro i capelloni sono “Hair” (non lo spettacolo ma il film di Milos Forman) , la politica democratica e ambientalista i film di Celentano e il flower-power quei quattro caschetti che cantano Lucy in the Sky with Diamond. (c’è da riflettere su quanto la cultura pop vada di pari passo con le nuove arti, ma sarebbe un altro discorso, ben più interessante ma a dir poco al di fuori della mia portata)

      C’è da dire una cosa, magari è anche il mio carattere che mi porta ad essere più esaustivo e meno ferreo e a permettermi una disamina più “morbida” in confronto all’aut-aut di Scaruffi.

      Ok, tra poco mi verrà il mal di testa a forza di parlare di ‘sto tipo! Ce ne sono di critici sui quali vorrei disquisire, ma mi sembra che l’unico che faccia davvero parlare di sé sia Scaruffi! (il che, a mio avviso, non è poi un gran male)

      Beh, che dirti, grazie della bellissima chiacchierata, sei troppo gentile con i complimenti (ma me li prendo di gusto lo stesso!) e spero che ripasserai per discutere di qualcos’altro.
      A presto.

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  4. Avatar Lorenzo Stanzione
    Lorenzo Stanzione

    Gentili commentatori,
    lo scopo di un artista è quello di essere compreso. I Beatles ci sono
    riusciti gli altri no: è semplice. La creatività è il loro marchio di fabbrrica. Il resto sono dicerie (intervista a John Lennon del 1970/71 su Rolling Stones)

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    1. Se lo scopo dell’artista fosse quello di essere compreso allora i vari Bach, Cézanne, Baudelaire, e via dicendo non sarebbero artisti al livello di Lennon?
      L’arte è certamente comunicazione, ma perché questa venga compresa necessita di una chiave interpretativa (e lo dico senza scomodare eccessivamente Umberto Eco). L’ultimo Michelangelo fu il meno compreso di sempre, considerato ormai cieco e rincoglionito, eppure fu quello più grande perché col suo genio superò le barriere del suo tempo per toccare corde che la scultura, e l’arte in generale, arriverà a toccare solo in tardo ottocento.

      Lo scopo dell’artista non è solamente rendere l’opera fruibile a tutti, se no non ci sarebbe bisogno di studiarla.

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  5. Avatar Lorenzo stanzione
    Lorenzo stanzione

    Caro Giuseppe,

    infatti Bach, Cézanne, Baudelaire et c.. sono molto compresi. Volevo solo levare l’alibi a chi sostiene che non essere compresi o sconosciuti sia segno distintivo di valore. Scrivere circa 183 “canzonette melodiche” (molte delle quali erano grandissimi pezzi rock) originali una diversa dall’altra come hanno fatto i Beatles, piacere ad un bambino/a, ad un ragazzo/a, ad un uomo, donna e ad un vecchio/a contemporaneamente sia un segno distintivo di valore; questo è certo. Se è così semplice, perché altri gruppi non hanno scritto o scrivono canzoni “a manetta” raggiungendo lo stesso successo dei Beatles? Ciò non toglie il fatto che io sia un ammiratore dei Monks, Frank Zappa, Rolling Stones et ceterum. I Beatles rimangono i Beatles senza le pippe sociologiche di Scaruffi (era questa l’argomentazione più becera avanzata dal critico circa i Beatles che mi ha dato noia). Sei riuscito a farmelo citare. Grazie per il commento.

    P.S. Nella storia della letteratura italiana adoro Burchiello, cantore marginale, ma non critico Dante o Petrarca se sono riusciti a raggiungere miliardi di teste. Dante e Petrarca sono sommi, ma Burchiello mi fa ridere un casino

    P.S. Scaruffi

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    1. Intanto ti ringrazio del commento, mi fa piacere poter chiacchierare di musica, mi chiedo però come mai il post su Scaruffi sia l’unico che mi permetta di farlo anche sul blog.

      Ok, facciamo un attimo di ordine.
      Bach è stato per molto tempo considerato un mero “virtuoso”, e durante la sua vita non conoscerà mai la fama che arriverà a posteriori, sopratutto grazie alla celebre esecuzione del 1829 della Passione secondo Matteo di Mendelssohn. La sua musica è tutt’altro che comprensibile, ed è stata proprio la sua difficoltà di comprensione a lasciarla in disparte per così tanto tempo. Tutt’ora per comprendere a pieno la musica di Bach servono studi tecnici abbastanza approfonditi, e per comprendere la complessità del messaggio non basta conoscere l’attacco della Toccata e fuga in Re minore.
      Cézanne morì nell’indifferenza, incompreso da tutti e ripudiato dai critici. Poco dopo saranno centinaia gli artisti a seguire le sue orme (tra di essi il più grande di sempre: Picasso), e oggi una mostra di Cézanne ha risonanza internazionale.
      Per Baudelaire il discorso è diverso, il suo stato sociale e la sua spiccata personalità bohémienne ha avuto per molti anni la meglio sulla reale comprensione della sua poesia. Quando Bukowski si accosterà al poeta verrà all’inizio riempito di insulti, ma a fine carriera tutti si renderanno conto di come la poesia di Baudelaire sia una materia ben più reale, sporca e volgare di quel che si creda, il tutto anche grazie anche alla rivalutazione poetica di Bukowski.

      Sono d’accordo nel sostenere che essere poco conosciuto non significhi necessariamente essere buono, e di conseguenza anche il contrario. Trovo che Scaruffi abbia la sua visione delle cose, il che mi fa piacere, dato che per il 99% dei critici italiani tutto è valido e tutto è figo. Basta sfogliare le recensioni di Blow Up, Mucchio, Rumore e compagnia cantante, una sfilza 6,7,8,9 che proprio non capisco.

      La mia ultima recensione è su “AM” degli Arctic Monkeys, un disco che finora ha riscosso perlopiù lodi sdolcinate da tutti i “critici” che si definiscono rock. Per me un critico che scrive su un giornale che dovrebbe essere incentrato sul rock non può davvero prendere in seria considerazione un disco pop, perché non ha le basi musicali e culturali di un album rock, forse forse è proprio il suo opposto!
      Questo te lo faccio notare perché anche Scaruffi utilizza delle premesse per giudicare, diverse dalle mie e dalle tue senza dubbio, ma non vedo perché non altrettanto valide. Secondo il mio parere un critico ha valore nel momento in cui (comprendendo il suo metro di giudizio), ti aiuta a comprare un disco che potenzialmente di faccia saltare il culo dalla sedia. Se Scaruffi non mi aiuta non lo seguo e tanti saluti, ma di certo non me la piglio se mi insulta artisti per me molto validi come Ty Segall, i Thee Oh Sees o che so io.

      P.S.: il discorso sulla validità di un artista in base alla vastità della sua fruizione non mi piace per niente. Difatti non considero grandi artisti Michael Jackson, Prince, i Bay City Rollers, Laura Pausini, i Muse, gli Arctic Monkeys, gli ABBA, i Litfiba, Jovanotti, Beyoncé, i Black Eyed Peas e via dicendo, sebbene tutti questi artisti hanno venduto milioni di album, distruggano record su record nei loro paesi o nel mondo, e sono ascoltati da bambini, ragazzi, adulti e vecchi senili.

      Grazie ancora per il commento, ma credo sia incompleto o sbaglio?

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      1. Avatar lorenzo stanzione
        lorenzo stanzione

        Ti ho parlato di Burchiello proprio per fugare i dubbi sul successo come metro di giudizio, però arte è arte, e questa non è una vuota tautologia. Linus diceva: “Il grande Cocomero arriverà solo se il mio giardino sarà onesto”. Ebbene, se il grande Cocomero arriva da vivo o da morto la cosa che più conta è se tu sei stato onesto con il tuo
        lavoro; i Beatles lo sono stati con il loro, così come Bach, Cézanne, Baudelaire e Burchiello. Infatti, nei negozi di dischi trovi i dischi di Bach e dei Beatles, nelle mostre trovi i quadri di Cézanne e nelle librerie trovi i libri di Baudelaire e Burchiello. In campo artistico essere riconosciuto è fondamentale, altrimenti perché milioni e milioni di artisti passerebbero le intere nottate a pensare come realizzare le proprie idee? Solo per il gusto di mandare all’aria la propria esistenza e quella di coloro che li circondano? O per fare ciò che piace loro e che potrebbe piacere anche agli altri?
        Il merito è merito e prima o dopo salta fuori, anche questa non è una vuota tautologia. Michael Jackson, Prince, i Bay City Rollers, Laura Pausini, i Muse, gli Arctic Monkeys, gli ABBA, i Litfiba, Jovanotti, Beyoncé, i Black Eyed Peas anche a me non piacciono. Come ti ho già scritto, non sono le copie vendute che mi interessano per giudicare un cantante, però se a Gianni Morandi per 50 milioni di volte la gente gli ha dato fiducia, sarai d’accordo con me che quest’uomo lungo il corso della sua vita professionale ha fatto al meglio il suo lavoro; Eppure a me non piace; questa è onestà intellettuale. Non ho trovato la stessa onestà nei commenti di Scaruffi circa i Beatles: alcuni falsi, altri profondamente disonesti (la sua cornice sociologica riguardo alla MISSIONE dei Beatles è un capolavoro).Detto questo non ce l’ho con Scaruffi perché ha scritto ciò che riteneva più opportuno, parimenti mi ha urtato perché non risponde alle obbiezioni per esteso; troppo comodo, troppo facile. Mi sono inserito nella vostra discussione perché non ho trovato preconcetti. Infine, la chiave interpretativa dei critici nostrani non esiste, per questo parlo con te e con quelli come te di musica.
        P.S. sono un insegnante, autore di letteratura per l’infanzia, redattore di un allegato per la scuola. Scrivere storie è difficile, scrivere belle storie è maledettamente complicato… e poi dovresti piacere anche agli altri… forse… chissà…

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        1. Credo che tu abbia risposto in maniera esaustiva e interessante a tutte le questioni che abbiamo preso in considerazione.

          Posso solo brevemente mettere sul piatto alcune mie considerazioni sui Beatles. Per quanto mi riguarda nessuna band ha mai avuto l’impatto iconografico nel mondo pop (inteso come popular) dei Beatles, ma a livello prettamente musicologico il merito della band deriva perlopiù dal successo iniziale grazie alle intuizioni di George Martin, scatenando in tutto il globo una guerra di band vocali come non se ne sentivano dai tempi del doo-wop. Il resto dell’eccellente discografia dei Beatles avrà delle ripercussioni profonde nel rock, sia positive (la nascita delle garage band) sia negative (la scomparsa del rock strumentale e delle sue tecniche). Comunque sia già nel 1967 l’attività creativa dei Beatles è legata principalmente alle straordinarie opportunità che gli studio di eccellenza gli fornivano, basti considerare le due pietre miliari dell’epoca:
          – “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band” un album sul movimento psichedelico, il quale però ha come pecca culturale il non essere frutto degli acid test ma bensì di tecniche all’avanguardia nell’ingegneria del suono.
          – “The Velvet Underground & Nico”, concepito in alcuni nastri del ’65, già pronto nel ’66 ma pubblicato solo nel 1967, in questo album viene ufficialmente superata la psichedelia classica per protrarsi verso il primo punk.

          Insomma, nel ’67 i Beatles, per quanto riguarda l’aspetto musicologico, sono una band vecchia, ma la cosa credo non sconvolga nessuno. Più o meno tutti i musicisti più importanti nella breve storia del rock sono stati riflesso di novità culturali nei loro primi anni di attività, per poi, inevitabilmente, rallentare (uno dei pochi ad esercitare una attività creativa straordinaria anche dopo i primi successi è Robert Wyatt, nel jazz probabilmente John Zorn – anche se con pochi alti e tanti bassissimi).

          Grazie della bella chiacchierata.

          P.S.: del Burchiello ho recuperato stamani all’Università l’edizione del Lanza (Le Poesie autentiche – Domenico di Giovanni detto il Burchiello, ed. Aracne). Devo ammettere che proprio non sapevo chi fosse, ma il mio preside della Facoltà di Lettere mi ha consigliato questa pubblicazione rimproverandomi. Uffa però, faccio il DAMS io…

          P.P.S.: Gianni Morandi ha fatto il suo lavoro al meglio, senza dubbi. Anche i Pooh. Per non parlare dei Kiss. Però a me mi prudono comunque, eccome se mi prudono…

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      2. Se Prince non è un grande artista, Cicciolina smette di andare con i cavalli. Non sarà uno dei più grandi artisti della storia, ma nel suo ambito è stato fondamentale a livello di immagine e di suono. Prince era un assiduo sperimentatore nel contesto del rhythm n’ blues. Magari ci fossero artisti come lui oggi, che non scendono a compromessi e fanno come cazzo pare loro. Prince era un fiume in piena, per questo pubblicava un sacco di dischi, non tutti necessari, non tutti sufficienti, però non si può negare che negli anni ’80 abbia sfornato dei veri e propri capolavori. Per farti un esempio di artista che ha sfornato fin troppi album, Frank Zappa (che non paragono assolutamente a Prince; quest’ultimo non ha neanche lontanamente la grandezza di Zappa) è stato uno sperimentatore incallito che ha preso le proprie radici di ascolto (il rock n’roll e il doo-wop) e le ha totalmente destrutturate, cambiate in maniera irreversibile, fondendole con generi altri, creando una miscela unica. Dal ’66 fino a metà anni ’70 Zappa non ha fatto che sfornare capolavori, poi logicamente è diventato ridondante e a volte pacchiano, però non c’è cosa che lui abbia fatto che io non ammiri e che io non ascolti con entusiasmo. Prince, come Frank, è stato un onnivoro e insaziabile ascoltatore e raccoglitore, e, seppure appartenenti a generi totalmente differenti, possono essere considerati entrambi grandi artisti. Logicamente Zappa è l’Artista, nettamente superiore, ma Prince arriva almeno alla soglia della grandezza. Magari in studio non rende l’idea, ma live Prince era una belva umana, era un istrione che ti faceva cascare la mascella. Altro che Michael Jackson. Va a sentire le ritmiche di Prince e poi ne riparliamo. Per la cronaca: Prince in studio suonava e arrangiava quasi tutto da solo. Senza Prince non ci sarebbe stato un pezzo come “Closer” (dei Nine Inch Nails).

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        1. Ehi man, ti faccio una piccola premessa:

          Il commento a cui hai risposto è del 2013, come anche il post di riferimento, e in tre (quasi quattro) anni le opinioni cambiano, in particolare se sei come me, un 26enne che si spara decibel di musica tutti i giorni tra le altre cose. Questo per dirti che se quando ho aperto questo blog ero un po’ più talebano nei giudizi ora conto fino a dieci prima di farmi esplodere (e beccati questa bella metafora natalizia).

          Ho rivalutato molto il lavoro di alcuni musicisti che prima spregiavo ciecamente, tra cui anche Prince, il quale per tutti gli anni ’80 fino a… diciamo “Come”, o il “Black Album”, boh, diciamo ai primi ’90, ha costituito una parte fondamentale dello sviluppo del funk e del RnB non solo da classifica, portandolo a contaminarsi con hip hop, soul e via dicendo. Sono cresciuto a suon di James Brown, Lee Dorsey, Marvin Gaye, Fred Wesley, Curtis Mayfield, Beatty Harris, Al Green e compagnia cantante, so riconoscere una sezione ritmica RnB fatta come si deve, con tutti i connotati al posto giusto, ma non mi basta l’esplosività tecnica e gli arrangiamenti da paura a farmi classificare questo o quel musicista come “artista”.

          Mi rendo conto che spesso sembra che io faccia un discorso piuttosto capzioso su cosa o cosa non sia un artista in musica, ma molto lo deduco dalla sua influenza ed eredità. Thelonious Monk ha sconvolto il mondo del jazz, ma non immediatamente, il suo genio ha avuto bisogno di anni per sedimentarsi, lo stesso vale per i Velvet Underground per dire, quello che sto goffamente tentando di scrivere è che a volte è la storia nella sua indifferenza il miglior giudice di un’opera, mostrandoci tutta la sua capacità di reinventarsi nei decenni o persino nei secoli e nei millenni. Faccio fatica ha trovare oggi artisti di valore che hanno basato la loro poetica musicale sviluppando il discorso cominciato da Prince, i pastiche febbrili (e incredibilmente espressivi) di “Purple Rain” sono rimasti lì e fanno fatica a trovare proseliti fuori da circuiti commerciali, nel senso peggiore del termine, cioè musica costruita dalle major per fini puramente lucrativi.

          Mi citi i Nine Inch Nails ma io ci sento molto più Jim Thirlwell, Einstürzende Neubauten, Talking Heads e tutta la musica industriale derivativa dal post-punk raccontata da Reynolds nel 2005 nel suo Rip It Up and Start Again: Postpunk 1978–1984, che ha nei suoi capostipiti i Throbbing Gristle di Genesis P-Orridge. Poi il fatto che Reznor si fosse ispirato a Prince come modello di produzione musicale (levati di culo che fo tutto io!) lo trovo aneddotico più che rilevante dal punto di vista compositivo, i suoi lavori più ispirati appartengono tutti a quello strascico di new wave/industrial americana che in quegli anni non ha influenzato solo lui, e che tutt’oggi riesce ancora a rinnovarsi.

          Poi gli svariati discorsi sul «Eh ma l’ha suonato tutto lui» li ho sempre trovati piuttosto sterili. Il modo con cui un’artista arriva all’opera d’arte finale è del tutto ininfluente a meno che questo processo non sia parte dell’opera stessa. Ci sono migliaia di esempi al mondo di musicisti super-virtuosi capaci di portare avanti i loro progetti in studio quasi in solitaria, non credo però che per questo meritino tutti di essere ricordati, caso più unico che raro quello di Mike Oldfield proprio per l’eccezionalità della proposta.

          Spero di non esserti sembrato pretenzioso con la mia risposta.

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  6. Avatar lorenzo stanzione
    lorenzo stanzione

    Grazie Giuseppe per la tua gentilezza,
    perché mi piacciono i Beatles? Perché da Love me do a Let it be c’è un salto pazzesco, fra alti e bassi. In nessun altro gruppo da me preso in considerazione trovo lo stesso vertiginoso percorso.
    Passiamo a noi…
    “…scatenando in tutto il globo una guerra di band vocali come non se ne sentivano dai tempi del doo-wop”. Ecco perché qualsiasi spiegazione sociologica degli anni 60 va a farsi benedire. La gara era fra chi scriveva la canzone più bella, fra chi inventava un nuovo genere musicale o fra chi intendeva uno strumento particolare in un nuovo modo. Era una continua contaminazione fra tutti i generi. L’iperuranio del rock. Se questo è poco. I Beatles, Rolling Stones, gli Who, i Beach Boys, i Cream, Frank Zappa sono una cosa sola. Non esiste il prima e il dopo negli anni 60. Non esistono le droghe, non esiste il Vietnam, i movimenti studenteschi, non esistono gli hippy, parimenti esistono tutte queste cose insieme. In una perifrasi: voglia di cambiare il mondo. C’era nell’aria una stramaledetta voglia di fare
    cose belle, che rimanessero nel tempo, ma anche no per alcuni. Il mellotron, il sitar, la psichedelia sono solo aspetti marginali del caos musicale in terra; erano mezzi per raggiungere lo scopo. Cio’ che affermo con forza è che nulla degli anni 60 deve essere scorporato dal contesto per
    masturbarsi mentalmente, giacché una cosa confluiva nell’altra. E’ questo che manca oggi. Hai provato ad immaginare Beyoncé che contamina Laura Pausini? Hai provato ad immaginare i Beatles che vanno a pranzo con Frank Zappa o i Rolling Stones e subito dopo pubblicano Revolver, Aftermath o Freak out!?
    Molta gente tende a dimenticare perché le cose accadono in un dato luogo e in un determinato momento, ciononostante le idee camminano e si spera che qualcuno le acchiappi al volo; questo non è un reato. Gli afroameriani hanno inventato il rock, Elvis, i Beatles e gli altri lo hanno trasformato nelle idee più disparate. I Beatles sono eternamente debitori di Berry, Perkins, Waters. Gli Stones hanno organizzato una festa in onore di Muddy Waters e Dixon per ringraziarli del grande contributo musicale che avevano elargito a tutto il movimento. Dunque non c’è trucco e non c’è inganno. Hai mai sentito la versione di Twist and shout degli Isley brothers e quella dei Beatles? E’ il classico esempio che il prima e il dopo in ambito artistico non ha molta importanza, Lennon la canta in maniera sublime quella canzonetta, gli stessi Isley brothers lo hanno riconosciuto. Infine, una volta per tutte, a proposito degli innovatori, sperimentatori o avanguardisti (vedi polemica MI-TO del settembre dell’anno scorso su Repubblica). Te lo dico spassionatamente: o da vivi o da morti qualcuno li dovrà pur capire, altrimenti è meglio che cambino mestiere. Ciò non toglie il fatto che abbiano il sacrosanto diritto di fare tutto ciò che è necessario per affermare la propria arte, ma non gli è “concesso” di trattare gli altri dall’alto in basso se non comprendono la musica che suonano, criticando con rancore chi vende milioni di copie con canzonette; è assolutamente ridicolo. A ognuno il suo. Sono d’accordo con te: il periodo beatlesiano che va dal 62 al 67 è in assoluto il migliore e i Velvet (contaminati da Warhol appunto) mi piacciono da pazzi. Adesso chi contamina chi? E’ questo il problema in ogni ambito. Comunque rimango ottimista: tornerà il sole. Grazie per la chiacchierata. Lorenzo Stanzione

    P.S. Burchiello è un po’ come Frank Zappa: nel suo caso sfotteva Petrarca e non solo… ottima ricerca.

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  7. Considero Scaruffi un punto di riferimento per conoscere artisti poco famosi. Per il resto, è chiaro che ha i suoi pregiudizi (artisti americani meglio degli inglesi) e che gli piace sparare a zero contro i gruppi famosi. La sua recensione sui Beatles è un’accozzaglia di noiosissime valutazioni storico sociali, di banalità varie e anche di bestialità. Una furbata con cui si è reso famoso.

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    1. Intanto grazie per il commento.

      Personalmente credo che la questione Scaruffi esista perché nel bene o nel male è uno dei critici musicali più conosciuti. Inoltre i suoi gusti sono decisi e ben enunciati, al contrario della massa di giornalai che infestano le riviste italiche con lunghi e melensi elogi a chiunque imbracci una chitarra e urli a squarciagola.

      Sulle singole recensioni non mi ci sbilancio, ognuno ha le sue opinioni e la storia del rock è ancora troppo breve e recente per avere delle coordinate oggettive. Alla fine Scaruffi è coerente a se stesso, se uno è d’accordo con i suoi gusti troverà i suoi voti una imprenscindibile guida all’acquisto, se uno invece la pensa al contrario può ignorarlo o consultare quegli album che vengono bollati come inascoltabili.

      Tutto qui.

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    2. Avatar lorenzo stanzione
      lorenzo stanzione

      Non mi permetterei mai di criticare le personali classifiche del grandissimo Piero. Tuttavia se critica (giudica) si becca le sue critiche. Entrare in società con un duello è roba vecchia (vedi F Nietzsche o bersaglio grosso Beatles). Lennon ha definito il suo gruppo così: “Maledetti figli di puttana”. Per chi conosce bene i Beatles significa: avevamo delle antenne giganti che captavano tutto e lo facevamo meglio degli altri (un miliardo e trecentomilioni di copie vendute, se è vero). Yesterday è una delle migliori canzoni degli anni 50, l’ha scritta un ragazzo di 23 anni nel 64/65, I’m walrus scritta nel 67 è una delle migliori canzoni psichedeliche, Tomorrow never knows è una delle
      canzoni più importanti degli anni 2000 scritta nel 66 (chi avesse voglia può acoltare nel 66 cosa c’era in giro e cosa c’è oggi). Sullo sfondo TImothy Leary e l’lsd e i registi francesi che accusavano Lennon e i suoi di disimpegno; erano un bersaglio grosso anche per loro, nonché un veicolo per pubblicizzare le idee non istituzionali; come tutti sanno gli inviti ci sono stati, ma spesso i Beatles hanno declinato. Dimenticavo: c’erano anche i Red Crayola. Bene!
      Ora basta rubare lo spazio del gentile Giuseppe con le menate sui Beatles. W Inter!

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      1. E forza Palermo! (sì, anche in B…)

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  8. Avatar lorenzo stanzione
    lorenzo stanzione

    Vi aspetto in A. Grande Palermo!

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  9. Avatar lorenzo stanzione
    lorenzo stanzione

    Ciao Giuseppe,
    giacché mi arrivano gli avvisi di nuovi post, e li leggo sempre molto volentieri, ti consiglio di cambiare il nome alla rubrica: anzichè la questione Scaruffi, la chiamerei la questione Beatles. Così risponderai per ciò che pensi tu e non per quello che dice Scaruffi. Ciao. Lorenzo

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    1. In realtà non è mia intenzione spostare la questione verso i Beatles, band sulla quale non vedo cosa ci sia da dire di nuovo! Come molti qua ho letto le biografie e conosco a memoria gran parte dei loro lavori, inoltre sono sicuro di poter affermare che pochissime sono le band che hanno avuto la fortuna di possedere una tale quantità di documenti scritti che ne spiegano per filo e per segno la storia e le opere.

      Questo mio post, come credo di aver fatto notare nella continuazione del discorso su Scaruffi che ho linkato a fine articolo, sta diventano per me piuttosto sconcertante. Non capisco perché i giudizi di uno dei milioni di critici sul pianeta provochi una discussione nel mondo del web così sopra le righe.

      Non ho niente da dire in merito ai Beatles, e non riesco ancora a capire perché tutti i commentatori si riferiscano alle critiche mosse a questa band. Personalmente trovo più interessanti le controverse schede di Scaruffi sui Bad Religion, sono in disaccordo con alcune considerazioni in riferimento a Lou Reed, Rolling Stones, Redd Kross, Ty Segall, Thee Oh Sees anche Beatles, ma non ne faccio di certo una questione di stato!

      Il rock non è una cosa seria, diceva il buon Lester Bangs, e credo che ognuno abbia il diritto di poter dire liberamente la sua, però gradirei che ad ogni affermazione seguissero delle spiegazioni storico-contestuali.

      Sono stanco di dover combattere sul web battaglie effimere sull’effimero, esistono considerazioni oggettive sulla storia del rock, il resto sono considerazioni derivate da altri fattori (sensibilità, sociologia, etnomusicologia e via dicendo) di cui sinceramente non mi interesso, e che oltretutto non sono di certo funzionali alla discussione attuale.

      Non esiste una questione Beatles, al massimo esiste una questione Ty Segall o Redd Kross o magari Fuck Buttons, non lo so, ma non può esistere in nessun caso una questione Beatles. Sinceramente, come ho più volte esternato, trovo abbondantemente ridicola questa questione su un critico musicale.

      Apprezzo sempre volentieri i tuoi toni concilianti e le tue considerazioni, ma credo che i toni di alcune affermazioni che sono state fatte sostengano il titolo che ho dato al post. Rimango comunque sconcertato dal fatto che Scaruffi smuova così tante anime dei Beatles e così poche delle altre migliaia di band da lui recensite.

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  10. Anche Scaruffi sostiene di essere sconcertato dalle migliaia di mail che riceve circa i Beatles, tuttavia pubblica solo domande ridicole stralciate dalle mail inviategli dagli appassionati dei Beatles e non altre… tu almeno rispondi. Ma non girarci intorno: Scaruffi è conosciuto per i Beatles e sono quasi certo che a te continueranno ad arrivare post sui quattro. Fattene una ragione o cambia post o altrimenti continua a sconcertarti. Forza Inter e anche Palermo. Vi leggo con interesse.

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    1. Prometto che ci rifletterò sù.
      (mì, non mi parlare di Palermo che c’è il derby…)

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  11. Ci deve essere un motivo per cui ogni tanto (l’ultima poche settimane fa nel blog di federico guglielmi) finisco per parlare/commentare riguardo Scaruffi. Se non fosse che sono sicuro della mia eterosessualità, comincerei a dubitare di essere innamorato di lui. Il vero motivo è che, qualsiasi ricerca si faccia in google riguardo un autore musicale, ci si ritrova a che fare con tale critico. E questa è già un considerazione oggettiva con cui confrontarsi. Il fatto che poi i commenti (miei, per quel che mi riguarda) siano sempre contraddittori (a favore/contro, il tutto mischiato) è un’altra cosa che mi fa pensare. Oggi non ho voglia di scrivere e mi limito solo a una banale considerazione. Scaruffi, sdogana la possibilità che tutti hanno ma pochi hanno il coraggio in pubblico di sfruttare, di demolire qualche gruppo/autore di fama universale. Meglio se addirittura se considerato icona. Meglio ancora se oggetto delle lodi di tale critico ‘italiano’ (beccati questa).Magari con molte meno argomentazioni musicali-storiche-intellettuali, ma chi se ne frega. Questo è sicuramente un merito indiscusso di Scaruffi e un qualcosa che lo distingue in confronto di certa banale-conformista&noiosa critica ‘ufficiale’.

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    1. Su Scaruffi c’è tanto da dire perché è un caso unico, concentrarsi solo sull’aspetto della critica rock è, ovviamente, limitativo (come fai intuire anche tu).

      Scaruffi è uno dei primi, se non proprio il primo in Italia (sicuramente il più longevo) “blogger”. Il suo sito, al di là delle intenzioni vagamente megalomani dell’autore di descrivere tutto lo scibile umano, è un’avanguardia con la quale DEVI avere a che fare se navighi nel web.

      Il suo stile di critica non è particolarmente di rottura, nemmeno nella nostra penisola, ma il fatto di esprimersi su internet distruggendo così l’egemonia del cartaceo prima di chiunque altro è un dato oggettivo di merito per il suddetto.

      Inoltre dopo i giocosi sessanta (in cui la critica rock in Italia era in fase di gestazione) e i furenti settanta e via dicendo si è arrivati agli anni ’00-‘10 in cui certi “Venerati Maestri” sono la voce della ragione, oltre che della vecchiaia e del progressivo rincoglionimento, e in cui persino Zingales è considerato un critico che può scrivere su una rivista “underground”.

      L’appiattimento del giudizio, sia chiaro, c’è sempre stato (Rolling Stone Italia non morirà mai), ma quantomeno qualche voce dal coro angelico si era levata (Velvet? Rockerilla? a ognuno il suo), oggi il cartaceo, anche nella sua forma migliore e matura (Blow Up) è dannatamente autoreferenziale, spesso predilige l’esperienza del critico alla musica recensita, e in generale è concentrato su una continua e incessante sessione di pompini tra addetti ai lavori e vecchie cariatidi (ah, scusa, volevo dire “lettori di vecchia data”).

      Ben vengano gli Scaruffi, si facciano avanti tutti coloro che hanno una opinione diversa e non semplicemente distruttiva, al contrario di quanto detto da Cilìa recentemente (credo su Rumore, ma non ricordo bene) il critico amatoriale che nasce oggi, inevitabilmente, sulla scia di Scaruffi o delle “sue” creature (Onda Rock, Storia Della Musica, …) è l’unica speranza per la critica italiana di superare quell’impasse di autoreferenzialità che la contraddistingue.

      Grazie per il commento.

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  12. trovo assurde tutte queste discussioni, il tuo articolo invece è divertente, equilibrato, onesto e ben scritto, bravo! Scaruffi stimola l’intelligenza nel bene e nel male e non ha mai ammazzato nessuno (che io sappia, a parte forse per noia qualche volta).

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    1. Di noia parecchie volte! Gran parte delle sue schede sono a carattere storico piuttosto che critico, le sue uscite più leggibili sono per le sue passioni (anche se la scheda su “Trout Mask Replica”, per quanto emotiva è anche un guazzabuglio di frasi ad effetto senza senso), il resto è sempre un po’ pedante. Ma quantomeno stimola la discussione.

      Grazie per il commento!

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  13. ho letto cosa ha scritto scaruffi sui beatles. tralasciando tutti i riferimenti storici e sociali ed entrando nel merito musicale e basta, vorrei far notare, sinteticamente, che nella musica pop-rock il valore artistico musicale non è dato tanto dall’abilità tecnica o dall’estensione vocale o cose simili, ma dall’ispirazione armonica e melodica, nonchè ritmica. in poche parole non ha alcuna importanza se una canzone, ad esempio, come “and i love her” si basa su pochi e semplici accordi e può essere cantata forse anche meglio da chissà quanti altri artisti, ma ha importanza il fatto che a comporla, così come altre decine di canzoni, sono stati i beatles, l’unico gruppo, nel loro genere, che ha saputo comporre con tale qualità e quantità nel giro di pochi anni di vita. sono melodie ed armonie che, seppur in molti casi apparentemente semplici, richiedono grandissimo talento ispirativo, perche’ hanno una cantabilità non banale, perchè sono dei capolavori musicali destinati a rimanere nel tempo, rimangono freschi e geniali anche a distanza di decenni. e questo dimostra la brillantezza dell’ispirazione. tra l’altro molti brani sono stati rieseguiti anche in chiave jazz e classica, ad ulteriore dimostrazione di quanto siano apprezzabili e apprezzati sia a livello di insegnamento musicale che di stima tra musicisti. chi dice che sono canzonette non ha ancora compreso di cosa è fatto il talento musicale o forse non si è mai avvicinato a uno strumento o a comporre qualcosa. è molto più difficile trovare melodie e armonie di quel tipo che comporre qualcosa di altisonante e tecnico ma privo di un tema memorabile. sono pochi i talenti compositivi di questa portata e superano le barriere dei generi, stiamo parlando di musica colta e popolare al tempo stesso. ma chi pensa a cose diverse dalla musica non potrà mai farne una recensione, perchè sarà sempre pieno di pregiudizi.

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    1. Intanto grazie per il commento, hai sollevato delle questioni che ritengo piuttosto importanti e prendo la palla al balzo.

      Quello che tu chiami “valore artistico musicale” io lo chiamo “musicale”.
      Se vogliamo parlare di composizione allora la questione cambia, e imposterei il mio blog sui Soft Machine, Miles Davis, Charles Mingus, King Crimson e via dicendo. Il valore, o meglio, la qualità musicale intesa come composizione mi interessa SOLAMENTE come frammento della qualità artistica.

      Mi spiego: nessuna opera d’arte universale è riconducibile alla sola tecnica. Quello che rende opere rivoluzionarie gli affreschi e i dipinti di Pier Della Francesca, la musica di Mozart o I Promessi Sposi di Manzoni non è solamente l’impatto che hanno avuto nel loro campo specifico, ma in quello dell’arte in generale.

      Per esempio è impossibile valutare I Promessi Sposi solo per la prosa o per le stesure precedenti, anzi: è un modo miope ed inesatto di quantificarne la qualità. La rivoluzione che ha portato il celebre romanzo di Manzoni è complessa. La relazione tra le incisioni e il romanzo sono il nodo centrale della rivoluzione apportata da Manzoni, delineando un nuovo modo di intendere la narrazione romanzata (significativo un Don Abbondio che si sistema nervosamente il colletto da prete, visibilmente “stretto”). Aveva inventato un nuovo linguaggio, altro che la storiella delle stesure e delle contro stesure (che si possono riassumere in: «all’inizio volevo farlo gotico-romatico, poi lessi Walter Scott e cambiai idea»). Quindi chiunque faccia una disamina dell’opera senza aver letto l’opera originale con le incisioni in realtà non sa di cosa sta parlando.

      Tutto ‘sto malloppone per dire: trovo sterile ed inutile giudicare un album o una band solo per il prodotto musicale, è denigratorio per loro quanto per me.

      Attorno al rock c’è il mondo, e il rock come in generale la musica leggera con intenti “alti” dovrebbe fornirci una nuova prospettiva sulle cose che ci circondano. In fondo i tre accordi dei Ramones a livello strettamente musicale sono una miseria e basta, eppure le immagini di 53th & 3rd coadiuvate dalla crudezza del sound sono poesia “bukowskiana” all’ennesima potenza.

      Inoltre il fatto che i Beatles siano stati riadatti al jazz come nella musica sinfonica non è di certo un attestato di qualità assoluto, anche Michael Jackson ha conosciuto la stessa sorte, Jack White addirittura è stato rivisitato in chiave minimal-avanguardista, anche Beyoncé ed altri musicisti di cotanta risma hanno attirato la curiosità di compositori autorevoli.

      Non credo che i Beatles abbiano prodotto musica di pessima qualità, tutt’altro, sono stati una grande band pop. Sul fatto che abbiano composto melodie “senza tempo” ho dei seri dubbi. Quando ascolto gli album dei quattro di Liverpool non posso fare a meno di sentirmi nei sixties, e questo è inevitabile per quei tutti i gruppi rock che hanno subito le mode del loro periodo (quindi il 90%). Trovo più “senza tempo” la rabbia degli Stooges con i loro feedback lancinanti, la viola di Cale nei Velvet Underground (quella sì musica “colta”), la cadenza punk di Presley nei Troggs, il garage casinista dei Sonics e via dicendo.

      La stima dei musicisti per i musicisti non c’entra niente con la critica musicale.

      Spero di aver chiarito, e sottolineo SENZA ALCUN INTENTO polemico, perché i toni su internet sembrano sempre polemici, il mio umile e sicuramente migliorabile punto di vista.

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      1. anch io quando ascolto mozart mi sento nell ottocento….ma che cazzo dice.non fa altro che riempire il suo bloog del cazzo misurando i Beatles,che tra l altro si permette pure la confidenza di chiamarli i quattro di Liverpool.

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        1. Sigh

          anch’io quando ascolto Mozart mi sento nell’ottocento

          Immagino che la tua sia una “critica” alla mia risposta a MAU, in particolare quando parlo delle “melodie senza tempo” dei Beatles. Difatti rispondevo a MAU che, a mio avviso, il pop dei Beatles è estremamente legato alle mode del suo tempo, mentre artisti di rottura come Stooges, MC5 e Velvet Underground hanno prodotto quella che io definisco “musica senza tempo”, tanto da poter essere di spunto per cose del tutto non retoriche o nostalgiche (“Slaughterhouse” [2012] di Ty Segall in fondo cos’altro non è se non una continuazione del sound di industriale della Detroit di Iggy Pop?). La musica dei Beatles oggi non si ripropone con la stessa duttilità, come è già successo nel recente passato. Band esplicitamente “beatlesiane” come Bay City Rollers o The Smithereens non mi sembrano l’apice del genere rock come creatività, come anche quella nenia di Jeffrey Novak nel suo ultimo “Baron In The Trees”. Non è un caso se il padrino spirituale del nuovo rock californiano è Syd Barrett e non John Lennon.

          non fa altro che riempire il suo bloog del cazzo misurando i Beatles

          Se per te UN post sui Beatles equivale a “riempire un blog” allora utilizziamo metri di misura piuttosto diversi.

          Ah, e la “confidenza” sono sicuro che non offenderà nessuno.

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          1. nel tuo bloog i Beatles entrano in tutti i post su questo sei molto furbo.comunque e impossibile per qualsiasi band riproporre lo stesso sound dei Beatles a parte qualche cosa vagamente riuscita ai pink Floyd….poi le band che tu dici di rottura non sono altro che la continuazione del rock and roll americano specialmente velvet u. a mio modestissimissimo parere molto elvis, per le altre citate la differenza e solo nel suono più hard.il fatto e che a me il rock originale non mi dice molto,io sono molto europeo musicalmente per me il rock moderno parla british grazie ai Beatles perché presero quello originale americano e gli inseririrono tutta la tradizione musicale classica europea ,che tanto hanno contribuito i vostri compositori italiani,.in poche parole un genere musiale e diventat un non genere cioe classico ,capisci musica classica contemporanea.non hanno inventato un genere di branchia come i tuoi gruppi alternativi ma hanno inventato la musica moderna cosi tutti ne possono fare quello che vogliono.tutta la musica contemporanea e beatlesiana spesso anche senza accorgersene. ma purteoppo ce ancora gente che parla di pop ,rock ,punk etc etc.bah devono tutti comunque avere il diritto di dire qualcosa.,blah blah blah,forse anch io sto creando un nuovo genere musicale ,questo blah blah blah suona molto alternativo.

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            1. No, aspetta un attimo, per te i Velvet Underground sono la “continuazione del rock americano”? Ne ho sentite tante in vita mia, ma come è possibile, te lo chiedo a livello musicologico, che pezzi come Sister Ray rientrano nella tradizione del rock and roll? The Black Angel’s Death Song? Heroin? I’m Waiting For The Man? Non conosco nessun critico, storico, nemmeno un sociologo del rock che abbia mai affermato una cosa del genere.

              Inoltre vorrei capire dove diavolo leggi in TUTTI i miei post riferimenti ai Beatles, non è che hai qualche sindrome paranoica legata a questa band? Se devo citare qualcosa lo faccio ESPLICITAMENTE perché questo non è un blog sull’occulto, ma un blog di recensioni musicali. Quantomeno elencami i suddetti post e le relative citazioni. Spero siano quantomeno la maggior parte.

              I Pink Floyd di Barrett coi Beatles c’entrano come i cavoli a merenda, a meno che non mi trovi un esempio di Interstellar Overdrive nei Fab Four. Tanta è la differenza che se ascolti i Thee Oh Sees (band di punta della West Coast americana) scoprirai come il loro primo periodo sia decisamente “barrettiano” mentre il loro ultimo album sia decisamente “beatlesiano”. Non lo dico io che sono zero, ma qualunque critico internazionale. Le differenze ci sono, eccome. Se poi intendevi quelli di Waters ti rimando QUI.

              Quelli che tu chiami “gruppi alternativi” hanno fatto la storia (tanto che ad oggi è impossibile trovare una band punk o garage che non faccia riferimento agli Stooges, come è impossibile trovare una band noise che non faccia riferimento a “Metal Machine Music”, ed è impossibile trovare una band metal che non faccia riferimento ai Blue Cheer e ai Black Sabbath, o è impossibile trovare una band di alt-rock che non faccia riferimento ai Velvet Underground, o come [etc. etc.]), se magari tu studiassi qualche saggio di Simon Reynolds, Franco Fabbri, Simon Frith e via discorrendo non diresti simili baggianate.

              Immagino tu sia un fan del brit pop, roba tipo Oasis, Franz Ferdinand, Kaiser Chief o stronzate simili che MTV rivolga con piacere alle masse ignoranti.
              Ti auguro un buon ascolto.

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              1. non so neanche cosa sia mtv io suono chitarra spagnola.non studio ma ho orecchio musicale e non mi riempio la bocca di metal punk saggi come te.vedi il fatto forte che tu vuoi passare per il tipo alternativo quando in realta sei più commerciale dei commerciali ma ancora più forte e che non ti rendi conto, roba sempre esistita.

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                1. Non voglio passare proprio per niente e nessuno, come c’è scritto nella descrizione del blog questo è un blog semi-serio che uso per dar spazio ad uno dei miei tanti interessi, nulla più.

                  Se poi, parafrasandoti, “riempirsi la bocca di saggi” è così dispregiativo mi fai proprio sbellicare. Come per tutte le cose che mi appassionano io studio, perché è l’unico modo assieme all’esperienza per costruirsi un’idea oggettiva delle cose che ci circondano, senza rimanere nella nebbia dell’opinione.

                  Immagino tu sia straniero, forse è meglio se non ti esprimi in una lingua di cui non comprendi la semantica, frasi come “sei più commerciale dei commerciali” o le critiche da te mosse nei commenti precedenti sono al limite della demenzialità.

                  Cordiali saluti.

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  14. Ciaoooo, io non intervengo sui Beatles ma su Scaruffi ! perché sono finito qui ? Perché dicevo tra me e me, è un po’ di anni che nessuno cita più Scaruffi, sarà ancora vivo ? e così sono capitato su questa pagina.

    Il sito di Scaruffi ora è vecchio e superato, sembra un sepolcro, e anche la sua solerzia come critico musicale è andata scemando (mi chiedo ancora come riuscisse a sostenere quei ritmi di ascolto/recensione).

    Ma ricordo bene quando i motori di ricerca che utilizzavo più frequentemente erano Altavista oppure Lycos, e si cercava il proprio artista rock preferito e … zaaaacckkk…. il primo link rimandava alla pagina di Scaruffi, e di conseguenza alla sua stroncatura. Sì perché alla fine quello ti faceva proprio incazzare, erano i suo voti striminziti. Non se ne salvava uno. Che diamine ! E mentre ti chiedevi “chi diavolo è questo qui ?!” ecco che leggevi le sue “eterodosse” opinioni su Beatles, David Bowie, The Smiths, Bjork (toh, indovina cosa ascoltavo in quel periodo XDDDDD)

    E così passavano le serate tra amici a parlare di musica … e di Scaruffi: viva Scaruffi, morte a Scaruffi, hai letto l’ultima scemenza di Scaruffi ? ha ragione Scaruffi ! è un nemico della rivoluzione … alla ghigliottina, e così via. Era diventato quasi un compagno di merende … e di bevute; un po’ irriverente e presuntuoso, ma come il demonio assolutamente seducente.

    Era insopportabile, ma io come altri, appena si aveva un nuovo disco tra le mani, si correva a leggere la recensione di Scaruffi. Si perché lui recensiva TUTTO, non QUASI tutto … ma proprio TUTTO.

    Poi piano piano, come in un gioco di dissolvenza la sua presenza nelle nostre vite è andata scemando. Non me ne sono accorto subito, me ne sono accorto solo ad un certo momento che mi è balzata in mente improvvisa la domanda … ma Scaruffi ?

    Nel frattempo era arrivato Google, ma forse il vero colpevole è stato Wikipedia; insomma i link a Scaruffi sono pian piano spariti dalle prime pagine dei motori di ricerca. Alla fine Scaruffi è stato messo su una barchetta che si allontanava al largo tra la nebbia: non capisci quand’è che non lo vedi più, ma dopo un po’ non lo vedi più.
    Però c’ha fatto passare delle gran serate. Onore a lui !

    Insomma sembra di averne scritto un Necrologio Internettiano, però sono capitato su questo articolo cercando Scaruffi su google, e mi fa piacere vedere che basta evocare il suo nome … e si riapre una qualche accesa polemica.

    Egli vive ancora !

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    1. Ma infatti Scaruffi è un caso limitato ad internet, la sua popolarità come “critico” nasce dal suo sito, effettivamente un’avanguardia nel campo musicale sul web.

      Forse la cosa più deprimente è che in Italia non si è mai creata una discussione simile su qualunque altro critico/storico del rock, almeno negli ultimi dieci anni. Oggi viene passato il messaggio che per farti una cultura musicale (anche rock) tu debba solamente ascoltare un sacco di roba, e così svilupperai uno spirito critico, un pericolosa cazzata che ha portato le riviste e i critici ad essere sempre più marginali per le nuove generazioni.

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  15. Alcuni giudizi di Scaruffi mi fanno prudere le mani, ma la sua scrittura è magnetica, colta, a fuoco e mai gratuitamente impressionistica (come quella di troppi critici musicali). Mi pare onestamente un grande critico… le sue osservazioni su Low, Pixies, Slowdive, Red House Painters e Morphine sono acute e rare.

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    1. Vedo che si fa un gran parlare dei Red House Painters, immagino per l’ultimo successo di Mark Kozelek, il che è solo un bene.
      Personalmente non apprezzo la scrittura di Scaruffi, troppo spesso laconico e didascalico (almeno nell’80% delle sue recensioni, poi ci sono quelle in cui si è dato da fare), ma questo perché preferisco, come penna intendo sia chiaro, abili narratori come Klosterman (con il quale non sono mai d’accordo, ma che adoro leggere!) e Bangs, per non parlare di Reynolds.

      Comunque sia su certe band, come anche quelle che hai citato, si scrivono pagine piene d’amore (spesso a molti anni di distanza), ma gli si nega sempre una retrospettiva più profonda, che però ogni dannato mese non si nega mai a Radiohead, Strokes, U2, Kanye West e quant’altro. Il fatto che sul web Scaruffi abbia tanti estimatori è anche dovuto che nella carta (e nei suoi siti) in Italia sia parecchio scarsa.

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  16. Salve, anch’io, tempo fa, mi ero imbattuto in Piero Scaruffi e nel suo approccio all’analisi della musica rock. E naturalmente anch’io avevo subito notato il modo in cui Scaruffi parlava dei Beatles, così come di altri gruppi (o singoli musicisti) che a lui, per qualche ragione, non piacciono. La mia conclusione è che Scaruffi tende a mettere un po’ tutto sul piano personale: osannando quelli che gli garbano, sbeffeggiando o ignorando gli altri, a prescindere dal dato musicale in sé. Sia per uno storico, come per un critico, si tratta ovviamente di un metodo sbagliato, peggiorato dal fatto che Scaruffi, per sua stessa ammissione, non conosce la musica e non ha mai suonato alcuno strumento musicale (in questo gli fa compagnia la quasi totalità della cosiddetta “critica specializzata”, in particolare italiana). Quindi per me Scaruffi rappresenta una “questione” solo in quanto sintomatica di una certa maniera – sbagliata – di fare “critica” rispetto alla musica rock, un genere nel quale, come ho già scritto altrove, i musicisti bravi vengono spesso definiti pretenziosi, quelli mediocri dei geni. Sui Beatles vorrei solo aggiungere che non erano affatto quattro bensì, a tutti gli effetti, cinque. Per rendersene pienamente conto basta leggersi le memorie di George Martin.

    Cordiali saluti,

    Innocenzo Alfano, Pisa.

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    1. L’unica cosa che trovo davvero interessante su Scaruffi è la discussione che si è creata attorno a lui, e di conseguenza sulla critica. Devo dire che più passa il tempo e più sotto questo post (che avevo scritto fra l’altro con la sicurezza che non sarebbe mai stato letto, come il resto de blog d’altronde, dato che non lo spammo né lo pubblicizzo da nessuna parte) spuntano fuori miriadi di commentatori tutti con opinioni diverse.

      Certo, non mi aspetto una simile foga anche sotto la recensione dei Dreamsalon, ok, però i miei post più “visti” sono questo su Scaruffi e quello sulle riviste italiane (che fra l’altro dopo un anno intero non ha ancora trovato un seguito dato che non ho nemmeno una lira per rinnovare un singolo abbonamento), sembra che in Italia ci si interessi di più della critica che dell’oggetto della stessa. Curioso.

      Grazie per il commento!

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  17. Madonna, ma che rissa hai scatenato?! 🙂
    Personalmente non cerco suggerimenti musicali da Scaruffi, ma più da amici o da forum/blog sul resto del web. Però lo conosco il suo sito, ogni tanto cerco cosa ne pensa di qualche artista per curiosità. Sono d’accordo con quello che dici su di lui, in ogni caso.
    Comunque l’algoritmo dei voti e le principali opere, sulla sua pagina di Nonciclopedia, sono dei capolavori. 😀

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  18. Per me il primo punk ,considerando la fama dei gruppi,e’ quello dei Queen nel 1973 che non per caso si chiama ” modern times of rock n roll”

    C è l assolo è vero,ma la struttura è punk..
    Certo ci sono i Black sabbath con paranoie,smith etc etc ma per quanto famosi non sono l equivalente dei Queen nell immaginario.

    Il fatto è che dopo il 73 i Queen fecero altro (passando alla storia) per poi ritornare in tempo nel 77 a fare punk con sheer heart Attack..
    Ci sono sicuramente gruppi proto punk più adatti ma considerando la fama spiccano i Queen..

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  19. Per inciso: sheer heart Attack è carina dal vivo ma in studio fa pena come suoni.
    Meglio i sex pistola!!!!
    Si vede che i Queen hanno fatto uel album “imitando” le registrazioni punk ma fraintendendo il tracking buono su musicista così così(sex) con tracking pessimo su musicista bravo..
    Il tracking era identico o quasi.
    Solo che John deacon non andava a donne.

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    1. Oddio, mettere i Queen tra i precursori del punk penso sia un bell’azzardo musicologico, per usare un eufemismo! Modern Times Rock ’n’ Roll è un pezzo piuttosto rock nel senso hard e heavy del termine, più vicino alle sfuriate dei primissimi AC/DC che agli accenni punk di Stooges, Troggs, Sonics, Velvet Underground, New York Dolls (e cito solo i più famosi). La questione della “fama” non c’entra molto in generale con un discorso critico o musicologico, ma direi che Stooges, VU e New York Dolls non siano proprio degli emeriti sconosciuti, ed il loro contributo al punk è stato fondamentale, va anche ricordato che i punkers vedevano in band come i Queen un modello avverso se non proprio antagonista in tutti i sensi, musicalmente, produttivamente, eticamente, politicamente.

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  20. Haha, indovina chi/cosa mi ha portato sul tuo blog? Sc……! 😀
    Per l’esattezza, leggevo la pagina di Wikipedia dedicata a “Pet Sounds” dei BB e mi incuriosisce il fatto di trovare, fra i giudizi dei siti/riviste quello di uno sconosciuto (per me). Apro quindi la pagina wiki a lui dedicata e, alla nota 27, il link a questa interessante discussione.
    Ergo, mi/ti tocca ringraziare lo Sc…….!
    Ciò detto, non gli dedicherò altro tempo, che preferisco invece riversare nella lettura del tuo blog, più bilanciato e quindi a me più confacente.
    Grazie e a presto!

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    1. No, vabbè, questa mi è nuova! Hanno messo questo articolo sulla pagina di Wikipedia su Scaruffi? Son messi proprio male da quelle parti… Beh, mi fa piacere che ti ritrovi a sguazzare da queste parti, spero sia tutto di tuo gradimento, le birre sono in frigo e si accende il fuoco per il barbecue intorno alle 19:30, siediti pure dove ti pare e rilassati.

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  21. Il sito di Scaruffi è perfetto … per chi non ha nessuna preparazione musicale! Infatti è l’ideale per non lasciare scampo all’internauta medio che legge quello che c’è scritto e lo prende per buono. La frase “i Beatles non hanno inventato niente” è talmente usata dei seguaci del Pierino che mi piacerebbe contare quante volte l’ho letta. Chiunque ha un minimo di preparazione in campo musicale dovrebbe sapere che NESSUNO ha mai inventato nulla nella musica di qualunque epoca ( inclusa la musica classica),tutti i musicisti della storia per fare la loro musica rielaborano la musica e gli schemi di musicisti che li hanno preceduti. I Rolling Stones,i Doors, i Velvet underground,i Cream o i Pink floyd cos’avrebbero inventato? Palesemente nulla, hanno dato una loro interpretazione di schemi che c’erano prima dei loro dischi.E non voglio neanche perdere tempo a giudicare chi considera innovativi dischi di gruppi come i Faust,i Neu ,Captain Beefheart,i Pere ubu e il 90%dei gruppi preferiti dal nostro tuttologo preferito.Quella roba sperimentale/casuale, rumoristica e priva di una base musicale può essere scambiata per innovazione o addirittura per avanguardia solo da chi non ha i mezzi per giudicare quei dischi per quello che sono.Tra le tante falsità sui Beatles vorrei segnalare la peggiore in assoluto:il Nostro ha affermato che le loro canzoni oggi sono eseguite solo nei supermercati mentre sono l’unico gruppo rock i cui brani sono eseguiti sui palcoscenici accanto ai compositori di musica classica del passato. Si, mi riferisco a Mozart , Beethoven,Schubert,Schumann etc.. Basta perdere un pò di tempo su internet per verificare l’attendibilità delle panzane del Piero.

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