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Su Metacritic viaggia sul 8/10, su Pitchfork gli assestano un bel 7 e mezzo, Distorsioni si sbilancia con un 8 netto, Ondarock rimane sul 7 come anche Storia della Musica, solo PopMatters si permette un misero 6. Io ho tolto i voti sul blog, ma per questa occasione voglio sbilanciarmi, perché si parla di una band che conosco bene e di cui ho amato oltremisura l’esordio del 1965, un capolavoro senza tempo. Ecco, per me “This Is the Sonics  dei leggendari Sonics vale un bel 3/10. Bello pieno.

Poco più di una ridicola messa in scena per arrotondare il portafoglio, uno schiaffo in faccia alle origini garage di una band che rappresentò assieme ai Monks un vero e proprio baluardo contro le melodie facilone del Merseybeat. Sporchi, osceni, proto-punk, garage, quello che invece traspare da questa terza “fatica” dei Sonics è la necessita per Gerry Roslie di comprarsi un nuovo set di giacche di pelle.

Come sempre la stampa e i recensori sul web si piegano in due per i loro beniamini, non-ascoltando o ascoltando con una soglia critica sotto i piedi. I Sonics da anni sono tornati a giro, o almeno tre di loro, girando per i festival in tutto il mondo, e abbiamo potuto ben ammirare l’incapacità della band di azzeccare un attacco e di Roslie di urlare come un tempo, macchiette di se stessi, ma comunque divertenti.

Però un album, quello, si deve giudicare, e lo si fa contestualizzandolo come cristo si deve. Secondo Richard Giraldi nella sua disamina su PopMatter, Bad Betty è un pezzo che può benissimo rivaleggiare con The Witch e Strychnine. Due cose: Bad Betty non avrà nemmeno un 1 millesimo dell’influenza di quei pezzi che hanno fatto la storia del garage e del punk, coverizzati per cinquant’anni senza perdere mai la freschezza e la potenza originarie. Seconda cosa, se fosse uscito come pezzo originale nel primo album del ’65 farebbe comunque cagare, è persino meglio Pop Song di Segall e Cronin come garage rock.

Addirittura per Gianfranco Callieri (Buscadero) «è il disco più cattivo, feroce e dinamitardo che possiate sentire nel 2015 (dettaglio  forse, data l’imbarazzante piattezza di tanti lavori in teoria «urticanti», «selvaggi», «annichilenti» etc. etc., non così sorprendente)» ti sono sfuggiti giusto un paio d’album Callieri, o forse il tuo concetto di “cattivo” è più simile a Prince, mentre per me sono i Crime

Infatti “This Is the Sonics” è poco credibile proprio se paragonato alla scena garage odierna, che reinterpreta i Sonics spesso molto meglio dei Sonics stessi. Solamente Andy Macbain con le sue tre band, The Monsieurs, The Marty Kings e i The Ghetto Fighters se magna ‘sto album di garage pop patinato.

Infatti se si escludono i due minuti e trenta di Sugaree, non è nemmeno particolarmente d’impatto come album rock. Sezione ritmica trita e ritrita, riff altrettanto, e Gerry, aiutato da tutta la tecnologia del mondo, per sembrare comunque una imitazione gracchiante di se stesso.

Il garage rock dopo i Sonics si è evoluto eccome, attingendo a piene mani dai cinque da Tacoma come dalle mitiche raccolte (Pebbles), dagli Stooges e dalla psichedelia di Barrett, poi dal voodoobilly dei Cramps, dalla nuova ondata di complessi da un album e via negli anni ’80 (coadiuvati da nuove eccitanti raccolte, come Back From The Grave), dagli Oblivians, si è arrivati a mescolarci progressive (Plan 9), new wave (Jay Reatard) e kraut rock (Thee Oh Sees), e tutto questo passando anche in mezzo a mode che hanno rischiato di uccidere un genere che dell’autenticità fa il suo cardine. E dopo tutto questo i Sonics se ne escono con album di cover in mono. In MONO. La nuova frontiera del low-fi, cazzo.

Ecco, il nuovo album dei Sonics è perfettamente integrato col revival garage della Burger Records, un ultra-low-fi ormai cifra stilistica necessaria per essere considerati “veramente garage”, un sound che se fosse uscito nel ’75 o nel 2015 non cambia niente, tanto è identico a qualunque album dei Troggs, dei Burning Bush, dei Question Mark & The Mysterians, dei Rats, dei gloriosi Seeds, dei mai abbastanza citati Them, dei Music Machine e così via.

Secondo Giampiero Marcenaro su Distorsioni i Sonics danno le paste agli odierni White Stripes e Black Keys. Piuttosto semplice se ci pensate bene, gli Stripes si sono sciolti da tempo, mentre i Keys sono passati dall’essere una cover band dei Sonics a fare sigle per pubblicità di automobili. Forse andrebbero paragonati a Thee Oh Sees, L.A. Witch, Mr.Elevator & The Brain Hotel, Pink Street Boys, Mummies, King Khan, Compulsive Gamblers, Coachwhips, Mooney Suzuki, Crystal Stilts, giusto per citare i più famosi.

Lo volete sapere? Sì, ok, l’album non fa assolutamente cagare. Ma è il massimo del riciclo. Se volete ascoltarvi del grande garage anni ’60 compratevi qualche raccolta, se volete ascoltarvi grandi album di garage contemporaneo prendetevi “Trash From The Boys” dei Pink Street Boys, o “Carrion Crawler/The Dream” dei Thee Oh Sees. Sì beh, suonano diversamente dal 1965, ma questo è perché il garage rock è un genere che si finge basso ma in realtà nasconde il seme dell’arte, quella che ti mostra una nuova prospettiva delle cose che hai sotto gli occhi tutti i giorni. Proprio quello che i Sonics fecero alla grande nel 1965, quando non li conosceva nessuno, e senza fare nessun tour mondiale cambiarono il volto del rock.

[E ce ne sarebbero ancora migliaia, su Psycho per esempio, ma anche su Have Love Will Travel, la loro cover divenne ben presto più celebre dell’originale!]

24 risposte a “Sonics – This Is the Sonics”

  1. Non fa cagare, ma è irrimediabilmente anacronistico. I live di ora non li voglio vedere, voglio conservarmi un bel ricordo di loro.

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    1. Più che altro rientra a pieno nella normativa europa sui rifiuti riciclabili.

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  2. Ma volevano realmente cambiarlo il volto del rock? o volevano semplicemente suonare tutta la loro energia e facendo ballare la gente? Poi il lo-fi, la grinta e la coscienza degli ascoltatori di 10 anni dopo li hanno fatti definire “protopunk”, ma non penso ci fosse troppo concetto dietro il loro modo di suonare.
    Sono stati stupendi, clamorosi, fichissimi, ecc… ma non credo che fossero esattamente dei rivoluzionari nel 1965 (hanno “Strychnine” e “He’s Waitin’”, ma anche “Since I Fell for You”), c’hanno provato nel 1967 schifando pure sé stessi…

    Insomma, semplicemente sono dei vecchi che fanno la stessa cosa che facevano a 20 anni circa, e con risultati che potevano essere molto peggiori: non sarà un capolavoro “Bad Betty”, ma io ci ballo volentieri se capita…

    P.s. Poi, fare la stessa musica che facevi a vent’anni non è sempre un male: i Gories nel mentre hanno anche imparato a suonare e dal loro live del mese scorso sono arrivato scettico e tornato coperto di birra, sudore, schifezze che stavano sul pavimanto e qualche livido…

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    1. Come dico in un post dedicato a loro e ai Cramps (https://unavoltahosuonatoilsassofono.wordpress.com/2014/08/31/sonics-e-cramps-cose-un-capolavoro/) non solo non volevano cambiarlo il volto del rock, ma nemmeno ci sono riusciti. O almeno non subito. Ci volle del tempo perché la band divenisse una sorta di leggenda metropolitana e poi un’ispirazione. Non ricordo se qui o in un altro post parlo delle etichette retro-attive tipo “proto-punk” come inutili (vedi gli Stooges, o il “proto-kraut” dei Monks) e del tutto arbitrarie.

      Detto questo sono stati rivoluzionari, ma a scoppio ritardato. Per il 1965 non aveva un gran significato il fatto che tu cantassi Have Love Will Travel, lo avevano già fatto tanti altri, ma fu pochi anni dopo che ascoltando le altre versioni e quella dei Sonics si resero conto che la ferocia di questa band se magnava le altre.

      Sulla questione di fare sempre lo stesso album, ci mancherebbe altro che uno non possa fare album fotocopia, magari senza sfigurare. È uno sport internazionale. Detto questo ritengo sia inutile consigliare un album fotocopia, perché c’è già quello del ’65 (o comunque uno più vecchio), che è più valido e più interessante. In un momento di saturazione del mercato (per il garage poi!) non basta dire: questo è suonato bene, questo è suonato di merda, ma bisogna anche fare un attimo di scrematura e dividere chi prende il fuoco originario del garage per fondere metalli nuovi, e chi invece il solito ferro vecchio (che cazzo di metafora mi è uscita fuori?).

      Poi se uno è un fanatico del genere allora se ne strafotte dell’originalità, e fa bene.

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      1. ahaha, ok, allora siamo daccordo…

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      2. sì, insomma loro sono proto-punk quanto i silver apples sono proto-post-punk…

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  3. Sono d’accordo con questa recensione, come con moltissimi altri articoli che scrivi sul tuo blog. Peccato che la maniera in cui scrivi tradisca un’elevatissima opinione che hai di te stesso. E comunque gli Oh Sees fanno cagarissimo.

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    1. Sono a favore dell’amore in tutte le sue forme, anche onanistico. Dai, i Thee Oh Sees non fanno “cagarissimo”, diciamo che hanno fatto 3 bei album (“Castlemania”, “Carrion Crawler/The Dream”, “Floating Coffin”) il resto è molto sopravvalutato e gli ultimi due fanno proprio cagare a spruzzo.

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      1. Sui Thee Oh Sees un pochino concordo con nevadagaz… cioè no, non fanno “cagarissimo”, però, se al primo ascolto mi sono sembrati fighi, presto mi hanno stancato. Forse se facessero durare un minuto in meno tutte le canzoni sarebbe meglio.

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        1. Il senso della loro ricerca sta proprio nell’unire la forza dirompente del garage rock in tinta psichedelica al kraut-rock di Can, Neu e Faust, per cui la lunghezza dei pezzi è inevitabile, come anche la ripetitività della sezione ritmica, ammorbante e sciamanica. Naturalmente è un’ibrido strano quello che ne viene fuori, e spesso sono più interessanti alcuni suoni o rumori che i pezzi nella loro completezza, ma la loro ricerca ha già influenzato tantissimo il sound garage contemporaneo! Il miglior esempio sono gli islandesi Pink Street Boys, che hanno preso alcuni elementi dei Thee Oh Sees per mescolarli al punk più hardcore, alla musica elettronica sperimentale e alle loro passioni lisergiche.

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          1. buon per te che riesci a vederci ricerca, per me sono le solite attention whore del garage con in più un senso di “invecchiato male” incredibile (come il 99% del cosiddetto weird garage o merda simile). Di kraut nemmeno l’ombra, come non ne sento nella psichedelia occulta di cui tanto si bercia (anche io faccio krautrock quando dopo un bel cannone attacco chitarra e big muff e ripeto lo stesso drone per 45 minuti in tutte le salse e varianti, allora). Poi Castlemania non è osceno, e nemmeno Warm Slime, e nemmeno Help, ma 3 dischi decenti su 10000 pubblicati in 10 anni per me non fanno di te una band valida: fanno di te una band di merda che ha avuto culo per 3 volte, e basta. Ty Segall è uguale, ma almeno è paraculo e sa fare canzoncine idiote ma orecchiabili, ovvero non ha paura di perdere la dignità. John Dwyer e soci invece, facendo sborrantamila dischi in un anno, mi fanno pensare di aver paura di perdere una dignità che, secondo me, non hanno mai avuto a parte quei 2, 3, facciamo 4 fortuitissimi casi. Tutto questo, ovviamente, secondo il mio modestissimo parere eh.

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            1. Beh, ci stiamo scambiando pareri, non siamo mica ad un convegno del SIDM! No dai, il kraut c’è, e non tanto per la cover di Soul Desert (che poi ci assomiglia poco, ma vabbè) ma nella sezione ritmica, sopratutto da quando raddoppiarono la batteria, c’è eccome. Non sarà come il nuovo kraut di zZz, Verma e Big Naturals, è mescolato a Barrett e agli altri esperimenti di Dwyer, però c’è. Nella Psichedelia Occulta c’è solo in poche band, di certo non tra le più famose, se prendi La Piramide di Sangue o gli Architeuthis Rex per dire, c’è parecchio rumore e psichedelia, anche del noise delle volte (senza parlare dei Mai Mai Mai) ma di certo non kraut-rock. Sui TOS, mica ho detto che tutti gli altri album sono “osceni”, ho detto che sono sopravvalutati! Dwyer mi ha smaronato da tempo, ma ne parlo largamente nelle ultime due recensioni sui TOS per cui non ti ammorbo qui (questa e questa). Su Segall, come dimostrato dal mio ultimo post su di lui, siamo d’accordo.

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              1. No, sono io che ho detto che sono osceni, mica voglio mettere in bocca parole mie ad altri: sono osceni, autoreferenziali, totalmente privi di buon gusto, di convinzione e di canzoni, il che, per quanto sia un parere soggettivo, mi pare abbastanza oggettivo. Il discorso è che è un tot di tempo che sento parlare di krautrock in tutte le salse, di psichedelia e altre pippe, poi quando sento i dischi mi sembrano tutti A) i fratellini ritardati dei black lips (vedi Sultan Bathery e altre robe – non si sa perchè – osannatissime), B) gente brava a suonare ma col cervello fritto a suon di MD e Jesus and mary chain (il gruppo più inutilmente sopravvalutato degli ultimi 30 anni) le cui idee sono talmente andate a puttane da andare in automatico quando suonano perchè sono tanto bravi e fanno il gèzz. Salvo veramente un 2% scarso di tutta quella merda, e qua torniamo ai Sonics: hanno fatto un disco triste (non da 3, perchè vorrebbe dire che fa merda, io gli do un 5, che è peggio, perchè non fa nemmeno cagare, è proprio anonimo) ed è esattamente quel che sembra, ovvero rock da vecchi fatto da vecchi. Che ti aspetti da una band che nel 65 spaccava il mondo, è caduta nel dimenticatoio e poi ha cavalcato un’ onda 45 anni dopo? Che abbiano persino buon gusto? Piuttosto il buon gusto me lo aspetto dai ggiovani dwyer, squadre omega varie e compagnia smerdante che voglion far vedere a tutti quanto sono ganzi poi alla fine non sono niente più di quel che sono i sonics adesso: tragico, funebre revival venuto male. Davvero, li trovo più datati dei fuzztones, ed è tutto dire.

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                1. Devo dire che sei stato piuttosto chiaro! Probabilmente sono io troppo buono o troppo ignorante, però apprezzo certe cose dei Thee Oh Sees, tra cui la mancanza di “canzoni” vere e proprie ma piuttosto di blocchi sonori anche ripetitivi, nei loro momenti migliori non gli ho dato mai più di un 7, ma non credo siano del tutto inutili e la loro estetica ha un senso che non è solo quello di fare revival di questo o quest’altro, ma piuttosto di mescolare elementi nostalgici nel rock. Che poi il 90% della scena garage sia o emanazione dei Black Lips o puro revival con la retorica DIY a palla, o addirittura revival sfrenato senza vergogna è la verità, ma è anche oggettivo che la proposta sonora dei TOS è qualcosa di particolare in tutta la scena. Magari questo non significa che debba esser elogiata a prescindere, io ho un blog dove scrivo amatorialmente della musica che mi piace cercando di dare un tono critico alle recensioni, e i TOS sia perché molto influenti su tutta la scena sia perché qualcosa di interessante l’hanno proposto, credo debbano trovare spazio per più di una riflessione. Sulla faccenda che il kraut viene affibbiato un po’ casaccio… non nego di esserci cascato anche io certe volte, vuoi per eccesso di entusiasmo ecco, ma anche nella scena definita new kraut con i già citati Verma, Big Naturals e zZz delle volte si fa fatica a capire quanto kraut rock effettivamente ci sia in alcuni pezzi. Diciamo che anche tra Amon Düül II, Faust, Neu, Can, Popol Vuh, Kraftwerk e via dicendo ci sono delle differenze tali da non farli sembrare nemmeno dello stesso pianeta. Immagino tu non abbia a genio la scena Psichedelica Occulta Italiana, e ci sta. È musica pesantemente auto-referenziale, ma credo che ci siano delle cose da salvare, anche se tutta la retorica critica che lecca il culo a qualsiasi cosa sia vagamente parte della scena ha francamente rotto il cazzo. Concludendo sui Sonics: io non mi aspettavo niente, e come si capisce dalla chiusa del post quel 3 in pagella è una reazione non tanto all’album, quanto all’esasperata campagna di lecchinaggio fornita da qualsiasi rivista o sito web. Una domanda sincera: mi puoi fare il nome di qualche band contemporanea che a tuo avviso produce qualcosa di realmente interessante? Non dico di valore assoluto o capolavori, solo del rock decente e senza eccessi di paraculaggine.

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                  1. nomi di band attuali? Hallelujah!, For Food, poi sì, mi piacciono i Goat. Li trovo talmente ridicoli da sembrare ultrasonici, e poi hanno delle chitarre con suoni incredibili. Ho visto i Paperhead dal vivo e, nonostante abbiano suonato come fossero in parrocchia ho constatato che almeno si sbattevano a fare belle canzoni. Ma per il resto trovo abbastanza deprimente il panorama odierno, troppo autoreferenziale, troppo pregno di ARTISMO per esser realmente creativo, troppo poco atuocosciente del fatto che più in là di onesto rock non possono andare, troppo poco cazzone per essere divertente. Che è poi il motivo per cui, a quasi 33 anni, mi ritrovo a sbavare per i Grand Funk Railroad come nemmeno mio padre faceva a 20.

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                    1. Mi hai citato due band italiane per cui STRAVEDO. Però, cazzo, i Goat, la band più “groovy” del momento… I Paperhead per me sono troppo derivativi, almeno Dwyer incastra Barrett in un casino devastante dal quale spunta fuori proprio per grazia divina, in “Africa Avenue” invece si sfiora più volte il plagio, in generale come psichedelia preferisco il catalogo della Captcha Record che quello più canonico per non dire nostalgico della Truble In Mind. La questione dell’”artismo” o per meglio dire della sindrome radical chic di certo rock odierno è un problema che a mio avviso ha sempre caratterizzato il rock, fin dalle sue origini. La legittimazione culturale è stato un passaggio decisivo per il rock americano e inglese (da noi ci hanno provato gli Skiantos, ma non c’è gusto in Italia ad essere intelligenti), il primo tentativo è stato il farlo “salire di classe” (dalla musica “nera” a quella “bianca”), poi nell’introdurlo in un contesto culturale (la cultura surf), poi nelle avanguardie musicali (Fifty Foot Hose, Velvet Underground, Frank Zappa, etc.) e poi mescolandolo al jazz, alla musica industriale, a quella elettronica e così via. La maggior parte delle volte però questi passaggi epocali sono stati fatti da rocker che non sapevano nemmeno di cosa stavano parlando, i VU hanno fatto album imprescindibili ma con la consapevolezza cosmica di un eroinomane collassato sul divano, e ne avevano di pretese artistoidi! Ne avevano persino gli Stooges, ma mica li giudichiamo per le pretese, altrimenti non si salverebbe nessuno (a parte due o tre complessi degli anni ’60). Poi beh, niente da dire sui Grand Funk, solo rispetto. Se posso lanciarti qualche consiglio al volo sulla base dei nomi da te fatti ti direi: i Running da Chicago, gli islandesi Pink Street Boys e gli Harsh Toke da San Diego. I primi fanno un baccano deflagrante, il più totale della scena americana, i secondi sono una versione islandese e a tratti hardcore punk dei Thee Oh Sees (per cui tolgono tutti gli elementi che non ti convincono della loro musica), gli ultimi invece fanno jam da 20 minuti di un hard rock psichedelico per nulla nostalgico ma comunque d’impatto. Fammi sapere se ti garbano.

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          2. Io il discorso delle influenze kraut nella sezione ritmica l’ho capito, ma (a parte che ce le sento solo in alcuni pezzi) sono proprio le idee a sembrarmi dilatate, cioè le canzoni dopo un po’ (e qui viene in ballo il discorso del condensare i tempi) spesso mi sembrano basarsi sulla ripetizione di poche idee più che su una progressione. Ma non dico di mettersi a fare pezzi da un minuto e mezzo, solo cercare di condensare un po’ e già mi prenderebbero di più. E cmq ti do ragione sul fatto che l’idea, la ricerca in sé, sia interessante e potenzialmente fruttuosa: ne metto solo in discussione lo sviluppo. Inoltre, per chiarire, non ho ascoltato tutto di loro ma solo quello che mi hai consigliato tu.

            Per gaz: puoi non sentire le influenze kraut nei TOS, ma non puoi non sentirle negli Squadra Omega.

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  4. Dunque: i Running NO, mi danno noia e mi pare difettino di autoironia a livelli stellari, e mi sanno di già sentito / stantìo. ( Dico sempre queste cose ma anche io suono in un gruppo stantìo oltremisura, tanto stantìo da riprendere dai Love Battery e dai Meat Puppets del 94, per dire.) Gli islandesi li trovo pallosissimi e quelle chitarrine twang mi hanno fatto esplodere i coglioni da un tot, pare che tutti abbiano paura dei distorsori, non so, forse hanno paura di sembrare metallari fuori tempo? E poi io ho un grosso problema con le canzoni di questi gruppi, infatti ti dicevo dei Paperhead perchè almeno due canzoni dopo il concerto me le ricordavo, cosa più unica che rara in contesti come questo: perdonami ma ho una sensibiltà POP che non mi dà pace. Gli Harsh Toke almeno sono dei fricchettoni fumati che fanno rock e così a freddo mi pare abbiano anche una discreta dose di tamarraggine da bar di periferia, della quale nel rock si sente tanto la mancanza, però dopo 5 minuti anche basta. I Goat te l’ho detto pure io, sono ridicolissimi, pure modaioli oltremisura, e rappresentano il terzomondismo da indierocker che è una rovina totale, ma cazzo, hanno quelle chitarre e quei poliritmi completamente gratuiti che me li rendono simpaticissimi. E poi, ribadisco, sono ridicoli, e il ridicolo è una delle cartine tornasole che fa sì che una roba mi piaccia e l’altra no: se mi fanno ridere è più probabile che mi piacciano. Il discorso dell’artismo è vero, ma al tempo era tutto molto più naif, si faceva con poco e comunque, sia Stooges che VU erano dei veri prime movers, ed ora mi spiace dirlo ma è rarissimo sentire qualcuno che crei roba nuova a partire dalla pretesa artistica, perchè tutto è sfavorevole a livello sociale, economico, mediatico e via dicendo, quindi un gruppo X che salta fuori oggi ispirandosi ai Godz, per dire, 99 volte su 100 rischia di sembrare solo tronfio e null’altro. Per cui tanto vale provare a fare canzoni a presa rapida o pestare durissimo, ma farlo con amore e farlo bene. Il mio gruppo ideale sarebbe composto da Benny degli ABBA, I Monkees per intero, Curt Kirkwood dei Meat Puppets, Mark Arm e Mayo Thompson. E Mark Farner Dei Grand Funk Railroad (non lui, il cane dei Butthole Surfers). Forse così sarei contento.

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    1. Abbiamo due sensibilità lontane anni luce! Già che nella tua band ideale ci siano i Monkees mi fa girare la testa. Ho una certa insofferenza per il formato “canzone”, preferisco scariche di rumore o ripetizione asfissianti. Fra le altre cose: bellissimi i primi tre dei Meat Puppets fra l’altro (anche se l’EP d’esordio mi fa caghèr e sono uno dei pochi che preferisce “Up On The Sun” al secondo). La mia band ideale non ha personaggi esistenti, ma ha la muscolarità della Magic Band del Capitano in “Shiny Beast”, l’iconoclastia dei Pere Ubu, la sezione ritmica degli Who e le liriche scritte (unico personaggio concesso, ma non rocker!) da DeLillo. Non sono un fan delle “canzoni a presa rapida” e del “pestare duro, ma farlo con amore e farlo bene”, per me è solo una frangia del rock, quella che delle volte tira fuori i veri capolavori, ma nel 99% dei casi è ripetizione di un canone. Per me una band che si ispira – per esempio, ai Grand Funk Railroad e fa canzoni fresche e con una attitudine da paura, ma non aggiunge effettivamente niente a quanto già fatto dai GFR non vale i miei soldi né la mia attenzione.

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      1. Up On The Sun è il migliore anche per me, comunque anche io non ho assolutamente interesse a sentire una band che si ispira ai Grand Funk, per intenderci. Io sono cresciuto tra le canzoncine pop del cazzo, i volumi di Back From The Grave e i Mudhoney, e il rumore asfissiante attrae anche me: il problema è che le cose fini a loro stesse mi fanno scendere la catena. Se mi fai sentire Mietta e un qualsiasi gruppo impro/drone/salcazzo che si spaccia per psichedelia, l’effetto che mi fanno è praticamente lo stesso: mi si gonfia lo scroto oltremisura. Per questo ne ho piene le palle del garage revival (che da sbarbo ascoltavo tantissimo, anche di quello purista oltremodo), della “psichedelia occulta”, del “weird garage” e di un sacco di robe che girano adesso: quando a 19 anni suonavo grindcore con un paio di amici fusi come me, per me tutto faceva brodo, adesso che invecchiando divento sempre più fighetto, la “forma canzone” è una delle poche cose che mi danno sollievo. Poi, se dovessi scegliere tra metter su il 45 giri di “This Diamond Ring” di Gary Lewis & The Playboys (che a mio avviso rappresenta la perfezione totale del pop da classifica di tutti i tempi, come melodia, produzione e arrangiamento) e “Yeti” degli Amon Duul II, scelgo il secondo, perchè, oltre ad essere una bomba sotto ogni aspetto, fa anche ridere. Il canone che si ripete però, nella canzone pop come nel pestar duro, attenzione, è lo stesso canone che si ripete nelle forme odierne, solo che sono attualizzate come suono: è il mio pensiero, peraltro opinabilissimo, ma per quanto tu ci metta le violette, la merda sempre merda è, e più la rimescoli più puzza. A me sembra che sia solo un’ illusione di attualizzazione: vedi i For Food, loro per me sono credibili. A parte che li conosco e sono esattamente come il loro disco, ma si sono impegnati – quando non fanno “canzoni” – a creare atmosfere: si sente che non fanno le cose alla brutto dio, e il loro suono, fra l’altro, rispecchia clamorosamente l’ambiente geografico da cui vengono, sa di nebbia, nutrie e acidi. Per me è questa la cosa veramente cruciale, oltre al fatto che non mi sovviene nessuno che suona così. Poi si rifaranno a Butthole Surfers, Sonic Youth (che a me fanno stracagare) e altra roba, ok, ma hanno u.a personalità che il 99% dei gruppi di adesso se la sognano.

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        1. Trovo piuttosto interessante il tuo punto di vista, e molto azzeccata la descrizione dei For Food, non solo perché come dici li conosci ma anche perché hai dato risalto al contesto (non solo ambientale), che anche per me è un elemento importante. Probabilmente io sono più indietro di te, non solo di età (26 anni tra qualche dì), ma anche come esperienza, sono in piena fase “Back To The Grave”, per cui il mio giudizio è probabilmente oscurato dall’ignoranza (ho ascoltato e letto ancora poco), poi credo sia chiaro che abbiamo anche gusti diversi e questo inevitabilmente influisce, per dire: non mi fanno impazzire i Butthole però mi piacciono assai i Sonic Youth. Credo che però il giudizio critico debba staccarsi dal gusto, per non essere miope quantomeno. Per me è giusto parlare dei Thee Oh Sees (aridaje) perché non posso ignorarli se il 90% delle schede sul blog parlano di garage californiano, due su tre sono recensioni molto negative per loro, ma non prendere nota dell’influenza dei TOS e del loro peso nella cultura musicale garage odierna non lo concepirei. È vero che salto a piè pari altre band che hanno un peso notevole (penso ai FIDLAIR) ma è perché non ritengo che la loro influenza stia portando da nessuna parte, né credo abbiano aggiunto nulla al panorama musicale. Probabilmente mi sbaglio, perché non ho ascoltato tutto e quindi mi manca la visione d’insieme, però so che dal 2007 ad oggi il numero di album che denunciano la forte influenza di Dwyer sulla scena sono aumentati a dismisura, persino in Europa. In un ragionamento critico non posso escluderlo. Poi il mio gusto mi dice che questa influenza è positiva, ma d’altro canto c’è di sicuro chi come te non la ritiene tale. Solo che trovo difficile, in particolare senza una prospettiva storica, a definire ciò che merita di essere ricordato e ciò che non lo sarà.

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          1. trovo pochissimo di questa cosiddetta ondata “shitgaze” abbia lasciato il segno. Un gruppo con concerti memorabili, giusto equilibrio tra belle canzoni e sperimentazione, pure un paio di album belli dall’inizio alla fine, sono stati i Sic Alps; poi, per quanto riguarda la mia sensiblità pop/checcaisterica i Ganglians di “Monster Head Room” sono stati cruciali. I gusti sai, sono come il buco del culo, ognuno ha il suo, e credo che sia pressochè impossibile essere oggettivi al 100%, per dire, io detesto i Sonic Youth, ma come ti dicevo la loro influenza (anche su cose che adoro, come i For Food) è innegabile e non puoi fare i conti senza l’oste: e con questo voglio dirti che, anche se io fra poco faccio 33 anni e ascolto r’n’r da quando sono nato coi dischi di mio padre, anche se a 9 anni ho avuto la botta con Count V e 13th Floor Elevators, anche se quando i miei coetanei si spaccavano di pearl jam io conoscevo a memoria ogni singola nota che avessero inciso i Mudhoney fino al 1999, penso di non aver ascoltato nemmeno un 5% di quello che ci sarebbe da ascoltare. E’ che sono diventato selettivo, ho imparato (o meglio, STO imparando) a conoscere i miei gusti, i miei limiti e tutto il resto, e spesso capisco subito quando una roba non fa per me. Poi grazie al cielo a volte ci si sbaglia, e spesso è bello prendere delle cantonate, perchè dietro le cantonate ci sono le sorprese: per esempio fin da piccolo ho sempre trovato i Troggs noiosissimi e moscissimi a parte qualche pezzo, e poco tempo fa in un mercatino dell’usato mi sono imbattuto in un loro 45 giri chiamato “Night Of The Long Grass” che non conoscevo e che mi ha lasciato letteralmente a bocca aperta, facendomi rimettere in discussione la mia certezza su di loro (non ho cambiato idea in generale, ma quel pezzo mi ha veramente fritto il cervello a furia di ascoltarlo). Questo per dire che per quanto uno pensi di essere colti in un campo, trova sempre qualcosa che a un certo punto, per forza di cose, gli fa abbassare la cresta.

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