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I migliori album del 2018

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Non so se questo blog esisterà ancora in questi termini oppure diventerà solo un podcast o solo un canale YouTube o tutte queste tre cose, so solo che piano piano, con enorme fatica, sto sistemando la mia vita per renderla ragionevolmente piena e non allucinantemente zeppa di cose. Mi manca sparlare di musica, sopratutto quella di merda che piace a noialtri. Questo post è arrivato con un ritardo folle ma doveva arrivare, sono i migliori album del 2018, eppure non è tutta farina del mio sacco.

In questa lista non ci sono letteralmente i migliori album del 2018, quale megalomane potrebbe mai mettersi a fare una lista del genere? Oggigiorno conoscere la scena musicale in senso lato è impossibile, le uscite sono troppe e le scene troppo frammentate, come anche i linguaggi. Così ho messo semplicemente la roba che, alla fine della giostra, ho ascoltato di più e con maggior piacere, senza troppo smanettarmi sugli aspetti critici (che poi nemmeno lo sono io un critico, sono un appassionato con problemi compulsivi, tutto qui).

Alcuni degli album presenti però non sono tra i miei preferiti, ma dato che sono presenti in tutte le stracazzo di classifiche da Novembre (già, c’è gente che ha fatto uscire la classifica dei migliori del 2018 a Novembre del 2018, che dire…) ho voluto mettere qualche nome per poi insaccarlo di botte virtuali.

L’ordine è alfabetico, per evitare inutili e sterili discussioni.

A$AP Rocky – TESTING

C’è bisogno di dirlo? E diciamolo: A$AP Rocky e la sua cricca hanno tirato fuori un classico, riuscendo a dare uno spessore notevole a tutte le influenze nascoste in questo album (partendo da un insospettabile Otis Redding) e riproducendo un sound da monolite degli anni ’90 senza un briciolo di nostalgia, facendolo suonare come qualcosa di assolutamente nuovo.

Ambrose Akinmusire – Origami Harvest

A parte che in questo album riescono a convivere rap underground e musica da camera senza far scendere il latte ai ginocchi con inutili virtuosismi da una parte o dall’altra, questo è un disco profondamente politico eppure profondamente propositivo. Come nel caso degli IDLES lo sguardo sulla contemporaneità di Akinmusire si discosta dalla retorica pessimista e compie una parabola verso un futuro di possibilità.

Armand Hammer – Paraffin (feat. Billy Woods & Elucid)

Questi non scherzano ragazzi, ce la mettono tutta per sporcarti le orecchie di suoni francamente fastidiosi ma amalgamati ad un flow spettrale e ipnotico.

b a k m a h n / TESTAROSAH – Holy Oxygen

Vaporwave piuttosto classica, stiamo assistendo ai colpi di coda del fenomeno che intanto è diventato mainstream.

Car Seat Headrest – Twin Fantasy

“Twin Fantasy Replica” è la versione riveduta e corretta dell’album capolavoro di Car Seat Headrest, che si merita certamente una recensione (che immagino uscirà entro il 2030). Dopo averlo ascoltato 50 volte ho capito cosa intendeva dire Tab_ularasa quando scriveva che questo è l’album che Ty Segall avrebbe sempre voluto fare. Ne riparleremo.

Childish Gambino – This Is America

Sì, è un singolo, non un album, ma fottesega, se hai qualche reclamo puoi spedirlo su www.pornhub.com. Hanno tutti già detto… quasi tutto, anche di lui ne parleremo. 

Current 93 – The Light Is Leaving Us All

Secco, molto poco piacevole e con momenti di poesia troncati sul nascere. Il solito buon album dei Current 93.

Drinks – Hippo Lite

Oddio: un album post-punk che non suona né come i Joy Division né come una brutta copia dei Gang Of Four! Finalmente!

Eric Chenaux – Slowly Paradise

A me Chenaux m’ha sempre fatto venire un latte alle ginocchia che nemmeno l’ultimo Clapton, giuro, per cui ero molto prevenuto su questo album, che invece è bellissimo e stranamente minimale. Che mi debba riascoltare anche quelli vecchi alla luce di questa nuova cotta? (SPOILER: l’ho fatto, e non è servito un granché)

Ezra Furman – Transangelic Exodus

Anche di questo varrebbe la pena scriverci qualcosa, diciamo solo che Furman è in mega forma e non sarà possibile fermarlo, dal 2013 i suoi arrangiamenti si sono raffinati e le melodie sono molto meno prevedibili e ripetitive.

Father Murphy – RISING. A Requiem for Father Murphy

Ultimo capolavoro per Father Murphy, una discografia sottovalutatissima in questo paese di ingrati. Una volta gli dedichiamo una bella retrospettiva completista.

Felix Colgrave – Royal Noises from Dead Kingdoms: The Music of Double King

Colonna sonora del corto animato dallo stesso Colgrave. Una musica elettronica piena zeppa di riferimenti gregoriani e world music, un talento per ora quasi sconosciuto.

Gee Tee – Gee Tee

Miglior album garage rock dello scorso anno, costruito attorno ad una logica DIY che non sacrifica il suono ma lo rimpasta funzionalmente al tasso alcolemico.

Grip Casino – The King & Eye for an I

Un album di cover dei Residents che coverizzano Elvis Presley. Beh, tanto quei soldi non ti servivano comunque…

Heroin in Tahiti – Casilina Tapes 2010 | 2017

Sarà anche solo una raccolta di esperimenti che fra l’altro non dialogano sempre benissimo tra di loro, ma c’è anche la summa di una ricerca fatta di persone, luoghi e incontri sublimati in musica. Indispensabile per capire l’oggi in questo paese.

HOLY – All These Worlds Are Yours

Uno dei tanti progetti solisti che ormai permeano il panorama DIY, il giovane svedese Hannes Ferm è una sorta di David Bowie senza la pretesa di piacere a tutti, chiuso in una cameretta piena di cose sorprendenti.

IDLES – Joy as an Act of Resistance

Oibò, il miglior album rock degli ultimi 10 anni e per taluni è giusto un buon album. Gli relegherò una recensione ma meriterebbe un libro. Gli IDLES non sono semplicemente quelli che hanno portato le tensioni di Brexit a galla strappandole dal sottile velo dell’ipocrisia, hanno ridefinito un’estetica e le conseguenze di questo avranno delle ripercussioni, potete scommetterci.

J​.​H. Guraj – Steadfast on our Sand

Il Ry Cooder nostrano sfodera un album fatto di sottrazioni ma senza perdere la sua carica narrativa (è comunque una colonna sonora).

Jessica Says – Downers

Gemma pop passata inosservata, Jessica Says ha una voce interessante e un buon orecchio per la melodia più raffinata, sono curioso di vedere cosa verrà.

Jonny Greenwood – Phantom Thread (Original Motion Picture Soundtrack)

Tanto trovo algidi i Radiohead quanto trovo acuto Jonny Greenwood solista. Sul film che vuoi dire, PTA è una delle certezze del cinema statunitense, e questa lunga collaborazione con Greenwood ci sta donando delle musiche davvero eccezionali. Non siamo ai livelli di “There Will Be Blood”, ma cazzomene.

Julien Baker, Phoebe Bridgers & Lucy Dacus – Boygenius – EP

Un trio di signorine molto benvoluto dalla critica specializzata si mettono assieme e fanno un EP molto benvoluto dalla critica specializzata. E non fa cagare. Qualcosa non torna.

Justin Bell – Pillars Of Eternity II: Deadfire (Original Soundtrack)

Obsidian ci ha abituati ad una cura maniacale delle sue opere, e Justin Bell è riuscito a migliorare una colonna sonora che già nel primo capitolo di Pillars Of Eternity lasciava straniti per la bellezza evocativa anche solo nel menù.

King Khan & The Shrines – Three Hairs and You’re Mine

Il disco più festoso dell’anno, e poi King Khan per me ci deve essere sempre in una  classifica, dà quella botta di vita che allontana quel malessere di vivere nella stessa epoca dei Foo Fighters.

Leon Vynehall – Nothing Is Still

Una bella intuizione quella di Vynehall, ricostruire il viaggio di sua madre dall’Inghilterra agli Stati Uniti, una storia di immigrazione che tocca tutte le tappe della musica ambient moderna con una trazione narrativa che personalmente trovo necessaria in questo genere di esperimenti, altrimenti troppo freddini.

Liberate Il Kraken – Liberate Il Kraken

Per la Fake Off Press il 2018 è stato un anno bello denso, con tanto di lancio della rivista underground “Vasi di cristallo su comodini sbilenchi” e poi han tirato fuori questo EP che, per quanto sembri serioso nella sua ricerca di confini sonori ulteriori, mi ha divertito non poco e continua a farlo.

Macintosh Plus – Floral Shoppe

Perché mettere una ristampa? Perché ha comunque venduto a palate, provando quando la vaporwave sia ormai uno dei generi musicali più influenti del nostro tempo. Inoltre “Floral Shoppe” è certamente il capolavoro della sua florida stagione (pun intended).

Micah P. Hinson – When I Shoot At You With Arrows, I Will Shoot to Destroy You

Lo aspettavamo in tanti un bell’album di Micah P. Hinson, e alla fine è arrivato, solo che è molto più bello di quanto ci aspettassimo.

MISS WORLD – Keeping Up With Miss World

Mi sono innamorato di questa scapestrata garagista. Miss World dipinge con ironia un mondo fatto di sopravvivenza e istinti, non c’è alcuna ricerca musicale dietro, giusto un riff altrimenti non sono neanche canzoni ma sketch.

Mythic Sunship – Another Shape of Psychedelic Music

Il più bel disco di musica psichedelica dell’anno, questa band sono tutto quello che i Moon Duo dovrebbero essere e, per mancanza di creatività e tecnica, non saranno mai.

Negative Scanner – Nose Picker

Uno dei migliori album punk del 2018 e non se l’è cagato nessuno. N-e-s-s-u-n-o.

Noname – Room 25

«Y’all really thought a bitch couldn’t rap, huh?» L’unico difetto di questo album è che le prime due tracce sono dei capolavori assoluti mentre le altre sono solo bellissime.

Parquet Courts – Wide Awake!

L’hanno fatto di nuovo ‘sti stronzi, un album assolutamente spassoso, intelligente senza ammorbare con soluzioni supercazzolanti. Un po’ derivativo da “Human Performance”, ma al quinto, sesto, trentesimo ascolto non importerà più di tanto.

PC Worship – Future Fase

Questo collettivo costruito attorno alla figura polivalente di Justin Frye è l’unica dose di sperimentazione di cui avete bisogno ma non lo sapevate. Dategli una possibilità.

SabaSaba – SabaSaba

È come la colonna sonora di un ipotetico film di Ken Russell mai uscito ma di cui avrei amato la colonna sonora.

Sly & the Family Drone + Dead Neanderthals / Mai Mai Mai Split

Lo split del secolo, sempre che siate dei pervertiti musicali come pochi.

SLONK – Song About Tanks

Altro progetto da cameretta, stavolta di Joe Sherrin. È un album che arriva da una brutta separazione e da un brutto periodo, si sente, ma non importa.

Soccer Mommy – Clean

Come dite? Snail Mail? Mi spiace, mai sentiti nominare.

The Buttertones – Midnight in a Moonless Dream

Già aprire l’album con uno strumentale dal sapore surf rock non è da tutti, sopratutto con lo stile e la carica pop dei Buttertones, ma anche il resto non scherza affatto. I Buttertones sono riusciti dove Frights e affini hanno fallito, ovvero a giocare con gli stilemi del rock ante-Beatles parlando della propria generazione. Se vanno avanti così questi diventano delle certezze, almeno da queste parti.

The Chats – Smoko

Esordio semplicemente perfetto, punk da sottoscala con la tigna giusta e la lager più scadente che c’è.

The Men – Drift

Mi duole ammetterlo, ma è stata una buona annata per l’indie praticamente ovunque. Tranne in Italia.

The Murlocs – Young Blindness

Questi orfani di Roy Erickson hanno sfornato un disco acidognolo che, non senza nostalgia, spicca per il buon songwriting e il tasso di cazzeggio. E sì, lo so che è uscito nel 2016, ed io lo comprai nel 2016, ma l’ho ascoltato nel 2018. Succede più spesso di quanto crediate.

The Shifters – Have A Cunning Plan

Passato un po’ in sordina ma destinato a far parlare di sé tra gli appassionati del rock australiano. Gli Shifters passano dove sono già passati Total Control, UV Race e Dick Driver, ma lo fanno con un piglio piuttosto originale e una capacità di costruire un album che migliora di ascolto in ascolto, lasciando presagire un futuro brillante.

Thought Gang – Thought Gang

Angelo Badalamenti e David Lynch. Se non li metti in lista devi avere il cuore foderato di merda.

Timmy’s Organism – Survival of the Fiendish

Casse contro il muro, amplificatore che le fa fischiare, 33 giri o FLAC – sai che m’importa, volume immorale. Se non è questo godersi del buon rock ’n roll forse non ho davvero capito niente della vita.

Windows96 – One Hundred Mornings

Miglior uscita vaporwave dell’anno, probabilmente, anche se l’attenzione dei fruitori ossessionati si è ormai spostata su lidi di contaminazione non sempre più interessanti quanto inutilmente più criptici.

Scusa beppe, ma per quale sudicio motivo nella lista non c’è…

Daniel Blumberg – Minus

Francamente Blumberg è presente anche nella classifica su RateYourMusic di tua nonna, a che serve se lo metto anch’io? Te lo fa piacere di più? E poi, considerando quanta bellissima roba è uscita in ambito jazz nel 2018, mi fa pensare che Blumberg fosse presente in due classifiche su tre anche per l’ottimo ufficio stampa. Cioè, ho letto classifiche tutte rock, pop o rap e poi come unico album jazz questo. Fate vobis. Ero indeciso se mettere Akinmusire proprio per non cadere nel tranello, poi mi sono ricordato che qui non mi paga nessuno, per cui…

Kurt Vile – Bottle In

Non è che sia un brutto album o le canzoni non siano azzeccate. Divertente l’intro con Loading Zone, notevole la melensa Bassackwards come la seguente ma più spigliata One Trick Ponies, ma porco demonio ‘sto disco di Kurt Vile puzza di paraculata da lontano un miglio. ‘Sta nostalgia canaglia un po’ teen drama un po’ Mac DeMarco un po’ Pippo Franco ha stramazzato i maroni. In questo album Vile nasconde un cantautorato scadente con dei bei effetti ed una estetica talmente abusata da assomigliare alla spugna con cui lavo i piatti da capodanno scorso.

Low – Double Negative

L’unica cosa davvero interessante è stata seguire il bailamme che si è scatenato tra vecchi fan e nuovi fan. La gente si scanna per le cose più stupide.

Mid-Air Thief – Crumbling

Ma siete davvero tutti sicuri che sia stan gran cosa? Secondo me è un disco che spruzza pretenziosità da ogni solco.  Magari però meriterebbe anche questo una recensione più accurata.

Spiritualized – And Nothing Hurt

Semplicemente non fa per me, l’avrò ascoltato dieci volte e continua a tediarmi come poche cose al mondo. Scusami Jack, è questione di feeling.

Ty Segall – Freedom Goblin

In pratica una raccolta di riff e idee che Segall aveva già sviluppato in qualsiasi suo vecchio album, però stavolta registrati e prodotti a modino. Capolavoro? Magari, quello è uscito nel 2008, e il Biondo che fa impazzire il mondo ha smesso di sfornare cose interessanti intorno al 2012, dopo di che è diventato una fotocopia vivente di se stesso. Peccato.

BONUS:

Courtney Barnett – Tell Me How You Really Feel

A mia discolpa non riesco a farmi piacere musicisti quadrati come la Barnett, troppo prevedibili le strutture melodiche e le armonie, le liriche comunque meritano, curiosissimo di vederla dal vivo tra pochi giorni.

Tropical Fuck Storm – A Laughing Death in Meatspace

Indubbiamente uno dei dischi che mi ha incuriosito di più del 2018, del quale non sono riuscito ancora a farmi una opinione solida. Anche loro li vedrò tra poco, spero di riuscire ad entrare nel loro mood e carpirci qualcosa in più.

 

Come ti cracko Spotify e te la mando in culo, caro mio musicista del menga

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Il terrore delle multinazionali.

Quando si parla di pirateria su internet finisce sempre in caciara. Oddio, anche quando si parla di ricette per la torta di mele il rischio di trovarsi la mail intasata di minacce è reale, su internet riusciamo sempre ad esprimere il meglio di noi. Comunque sia: Spotify, blablabla.

Ma davvero le migliaia di paladini del web che adesso si schierano a spada tratta per i diritti dei musicisti non hanno mai scaricato nulla d’illegale su internet? Non hanno mai visto una puntata di Danger 5 su un sito poco raccomandabile, non hanno mai scaricato il rar di un album dei Shudder To Think giusto per sapere come suonava? Niente fumetti sfogliati col puntatore del mouse, nessun software di cui non possiedono la copia fisica? Hmmmmmmmmm.

Macché, tutti questi indignados mai e poi mai hanno giocato ad una versione crackata di Caesar III, e nemmeno si sono mai sognati di scaricarsi un bel film in 4k, e proprio in virtù di ciò adesso possono battere il pugno sul loro virgulto e villoso petto e far risuonare la loro cassa toracica con virile onestà.

La verità è che ci siamo talmente abituati a scaricare roba, dai tempi leggendari di Napster ed eMule, che continuare a farlo anche oggi dove internet non è più il Far West pare una cosa normalissima, come pagare 1 euro per il caffè al bar. Ma non è così. E non va un cazzo bene.

Prima di internet e di tutto questo streaming si masterizzavano i CD, c’erano i bootleg e un sacco d’altra roba per evitare di pagare quanto avresti dovuto per avere più o meno lo stesso prodotto che marciva sugli scaffali. Perché sì, la cultura ci rende più ricchi dentro ma per molti dovrebbe essere gratis. Nessuno poi che ci spieghi come si fa se la cultura dev’essere gratis a pagare gli artisti. Gli elargiamo una paga fissa a tutti? Oppure gli stipendi li calcoliamo in base ai like su Facebook? O in base agli iscritti al tuo Vevo? Ma tanto che te ne frega a te, te vuoi soltanto che sia gratis e tanto ti basta, che siano loro a capire come procacciarsi il vil denaro.

Anche il buon vecchio Captain Beefheart tra le sue più famose massime aveva questa: «I don’t want to sell my music. I’d like to give it away, because where I got it from you didn’t have to pay for it.» Però i dischi non li ha mai messi in vendita a 0,00$. Vedete, è bello dire che la cultura dovrebbe essere disponibile per tutti, lo è altrettanto dire che restando seduti su una panchina senza far nulla si partecipa alla pace nel mondo, peccato però che non sia vero. E poi stai occupando abusivamente il posto letto di un musicista.

Ora: non voglio mettermi a fare lezioni di morale, altrimenti cadrei nel tranello anch’io, e credo ci sia una sostanziale differenza nello scaricare illegalmente un album dei Scorpions piuttosto che uno dei Maniaxxx. La prima è che gli Scorpions non hanno tanto bisogno di altri dollaroni; la seconda è che se ascolti gli Scorpions scientificamente hai dei gusti di merda. Per cui scaricare “Love at First Sting” per poi deriderlo con gli amici è ok, scaricare un EP dei Maniaxxx, dire a tutti che sono fighi, ascoltarteli notte e giorno per poi rammaricarti se non fanno un nuovo album perché non possono pagarsi nemmeno le insalate Rio Mare per le trasferte, ecco: in questo caso sei proprio uno stronzetto.

Io posso capire l’astio verso le major e il livore nel vedere che nel 2018 i CD costano ancora un casino e nessuno sembra far nulla per migliorare le condizioni per il compratore – senza al tempo stesso funestare le speranze di guadagno dei giovani artisti non allineati con le mode del momento. Anche perché Spotify non è migliore di nessuno in questo campo, lascia le briciole agli artisti e comunque fa pochi utili (come Deezer o Bandcamp), perché alla fine della giostra alla gente di pagare per l’arte non gliene può fregare di meno.

Ci sarebbe inoltre un altro discorso da fare: non è che dietro un album ci siano solo “gli artisti” (che poi in questi anni di saturazione del mercato sono davvero pochi a potersi fregiare del titolo), ma anche tutta una filiera che permette loro di esprimersi al meglio. Chi li paga gli ingegneri del suono, i produttori, i distributori? E quanto?

Chi è dentro il meccanismo conosce quali sono gli stipendi reali (quando ci sono) nel mondo al di fuori delle classifiche e del mainstream, ma chi è fuori vede solo un anonimo file mp3 caricato su un torrent da un nickname di un tizio che sta dall’altra parte del mondo.

Anni fa era piuttosto in voga il pensiero che grazie alla libertà donata da internet ci sarebbe stata una nuova primavera musicale, piena di sperimentazione e di grammatiche innovative. La verità invece è che il fruitore medio è pigro, e preferisce andare sul sicuro, si addormenta con la sua confort music e si auto-isola in una nicchia, senza nemmeno scavare tanto affondo, per cui chiunque proponga effettivamente della musica che sposta i confini di certi generi, scompare, affoga tra l’indifferenza dei navigatori. Questo IMHO è il grande fallimento della critica musicale, chiusa nelle riviste e incapace di riacquistare autorità agli occhi dei più giovani, buona solo a proporre quello che arriva dai soliti noti, diffidente ai nuovi linguaggi perché non gli ricordano i bei tempi andati con le chitarre e il 4/4.

La kultura, poi ti kura, con premura (cha cha cha)

‘Sta cazzo di cultura, lo sapete no? Ma sì, è colpa della cultura se in Italia le cose vanno male, è che non c’è cultura, non s’insegna la cultura, non si pratica la cultura. Però son tutti che anelano cultura, che veicolano cultura, che secernono cultura da tutti i pori e fori del loro corpo, in particolare da quello che non vede mai il sole.

L’Italia è l’unico paese in cui il numero di scrittori supera di gran lunga quello dei lettori, inoltre per diritto di nascita siamo tutti Tacito, Giulio Cesare, Leonardo Da Vinci e Manzoni, per non dire Dino Zoff ecco. Eppure, sebbene il problema sia la cultura, quella degli altri e mai la nostra, negli ultimi 30 anni la parola stessa è scomparsa dal panorama politico, sostituita da diverse mode (il “contratto”, “l’anti-berlusconismo”, il “federalismo”, la “rottamazione”, “l’onestà”), tutte robe passeggere, le solite cotte estive italiane, che vedono il popolo acclamare il nuovo Re per poi scoprire di averlo sempre odiato. C’è sempre Shakespeare di mezzo, porcaputtana.

Comunque sia l’idea che ci possa essere una scelta, che si debba rinunciare a qualcosa per avere qualcos’altro, è talmente avulsa all’italiano tipo da essere considerata amorale. Io voglio Netflix, Sky, Spotify, Apple Music, Deezer, Amazon Prime, Mediaset Premium, tutto tutto, però posso pagarne solo uno, altrimenti è una truffa. Alla faccia di chi in quelle aziende ci lavora ma non fa il manager o il Wolf of Wall Street della situazione.

La scelta implica un pensiero prima, una riflessione. Scelgo quel libro perché conosco l’autore e mi piace molto, anzi no prendo quell’altro perché devo leggermi ogni tanto un classico, anzi no prendo quello perché un’opera di saggistica sulla politica contemporanea mi fa comodo per contestualizzare meglio gli eventi che leggo sui giornali, anzi no, non mi merito di essere felice, mi compro un romanzo di Giuseppe Genna. Insomma, scegliere.

Internet ci ha fatto dimenticare cosa vuol dire scegliere, cosa vuol dire desiderare, per cui bisogna applicare un maggiore autocontrollo ai nostri impulsi ruberecci. A cosa serve avere su iTunes l’intera discografia di Frank Zappa se poi ti ascolti sempre i soliti due album? Stai accrescendo la tua cultura? Oppure stai facendo il contrario, impigrendoti nell’ascolto superficiale e non attivo, nella ricerca spasmodica di un riff che ti prenda subito, di una melodia afferrabile, di una cultura di puro consumo?

Non c’è gusto in Italia ad essere coglioni

Se cracki, scarichi, ascolti roba su streaming illegali, spesso e volentieri raconti a giro la favoletta strappalacrime dei pochi denari nel tuo portafoglio di pezza. Io campo con poco meno di 700€ al mese, per lo Stato Italiano sono talmente al di sotto della soglia di povertà da fare soltanto pena, eppure i dischi che mi interessano me li compro, i libri pure e persino i film! È vero: vado spesso dall’usato, ma non c’è niente di male, oggi è così, domani migliorerà. Nessuno dice che sia sbagliato scaricare per poter avere un assaggio di quel prodotto, tastarlo per benino prima di acquistarlo magari ad un prezzo oneroso. Mi chiedo però quanti davvero passano all’acquisto, ed invece scaricano compulsivamente riempiendo intere memorie esterne di cose che non guarderanno, leggeranno ne ascolteranno mai.

Nella vita reale fra le altre cose faccio il critico teatrale, pensate che i teatri mi regalino sempre i biglietti? Oppure che il quotidiano per il quale esce il mio pezzo mi paghi sempre in tempi ragionevoli? Ma questo non significa che devo comportarmi come uno stronzo, e fare l’italianata e cercare di amicarmi quella della biglietteria, oppure procurarmi il pass di qualcun altro. Sembra che sia insito nella narrativa popolare che “furbo” sia sinonimo di “modello di vita” mentre “ligio” di “coglione”.

Il problema non è la crack di Spotify o chi e con quali improbabili scuse si sente autorizzato a usarla, il problema è quella logica che vede i beni culturali come banali passatempo, forme di intrattenimento puramente ludiche.

Ci siamo dimenticati cos’è la dignità, era talmente bello potersi scaricare tutta la discografia dei Rolling Stones che non abbiamo pensato al tipo che ne ha curato la remasterizzazione. Il quale, probabilmente, una volta tornato a casa si spara l’intera filmografia di Ken Russell subbata da ∞zIO§Gabbo§OIz∞ il quale ha una perversa passione per il comic sans.

Il problema ancora una volta è l’egoismo, quel brutto ceffo sempre seduto sul divano, che si infervora solo quando gli entrano nel giardino, mentre lui invece in quello degli altri ci gira bellamente in bermuda e infradito. Coi calzini, s’intende. Vogliamo le cose gratis, ma non non lavoreremmo mai a gratis, né mai di fronte al successo ci contenteremo della paga minima.

Il mondo è proprio come te lo metti in testa, c’ha ragione Truppi – però senza poesia.