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Corners – Maxed out on Distractions

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Ve li ricordate i Corners vero?
No?
E la mia recensione di inizio ottobre? Niente?
Certo che siete proprio una soddisfazione.

I Corners sono assieme ai The Monsieurs il miglior prospetto garage rock californiano, lo sono sopratutto alla luce delle recenti avventure glam di Ty Segall e la svolta tagliamaroni dei Thee Oh Sees. Dopo il selvaggio ma ponderato esordio targato Lolipop Records, il bellissimo “Beyond Way”, dove i Corners si scontravano col post punk dei Gun Club, ecco che i quattro californiani decidono di cambiare decisamente tono. E genere.

Sì è vero, questo “Maxed out on Distractions” te lo descrivono nelle note come un garage surf rock da spiaggia, da gustare con un mojito leggendo Hemingway, ed invece appena lo piazzi sul piatto e la puntina sfiora i primi istanti di We’re Changing capisci che qualcosa non quadra. Sintetizzatori? E ‘sto ritmo alla Devo? Ma che cazzo s’è fumato stavolta Tracy Bryant? Però… però funziona!

E sì, son proprio cambiati i Corners, quel sound ovattato quasi shoegaze del primo album è scomparso, questa volta i suoni sono caldi e i ritmi delle volte ballabili, questa ondata di anni ottanta è sì del tutto imprevista, ma questi quattro ingegneri del suono la cavalcano con una cura maniacale. Riot sembra un pezzo dei vecchi Thee Oh Sees ma senza la batteria raddoppiata e con Dick Dale alla chitarra, Caught In Frustration sono dei Talking Heads più pragmatici, Buoy con il suo ritmo da marcia punk è una specie di anti-canzone dell’estate, questi ragazzini che compaiono in tutti i festival assieme a garagisti comprovati come Mr. Elevator & The Brain Hotel e Froth sono praticamente l’unica band in controtendenza di tutta la West Coast!

Appena sono arrivato a Love Letters mi sono dovuto fermare per riascoltarla. E ancora. E ancora. I don’t wanna hear the cries/ I don’t care about times/ I don’t wanna know about the love letters/ I don’t believe in no ever after. Con la voce che imita un Ian Curtis stralunato, questo singolo che mi ha conquistato, mi piace l’idea che a qualcuno non abbia voglia di fare qualcosa, è così anni ’80!

La confusione interiore di Maxed out of Distractions con quell’assolo minimale sul finale mi lascia sempre in estasi, un pizzico di Spacemen 3 con The Spaceship a chiudere un album quasi perfetto.

I Corners vanno sostenuti, anzi: vanno incoraggiati! Ty Segall che decide di sposare il glam di Marc Bolan, John Dwyer che dà una svolta beatlesiana ai Thee Oh Sees, quest’anno ce l’hanno fatto a torroncino ‘sti gran bastardi, ma ecco che band come The Monsieurs, Froth, Dreamsalon, Mr. Elevator & The Brain Hotel e Corners non solo hanno ancora le palle e le idee (una accoppiata vincente sotto molti punti di vista) ma hanno anche il coraggio di reinventarsi senza scadere nella banalità!

Con questo “Maxed out on Distractions” la band di Tracy Bryant si avvicina al synth-punk dei Nun, restando comunque ancorata alla scena garage, e riuscendo a sfornare vere e proprie perle come Caught In Frustration, Love Letters e Maxed out on Distractions.

Uno dei miei album preferiti di quest’anno.

  • Link utili alla popolazione: volete ascoltarvi ‘sti Corners dato che vi ci ho rotto abbondantemente i cojoni? Bene, basta che voi clicchiate vigorosamente QUI, se volete dirgli che sono proprio dei fighi o sarebbe meglio che zappassero su Minecraft cliccate QUI per la pagina Facebook.

Ci spariamo qualche video? Ma sì, dai:

Eccovi il video (meh) di Love Letters.

Una live di We’re Changing.

Doppia razione live con Sometimes che apriva “Beyond Way” e Buoy da Maxed.

NOVITÀ ALLUCINANTE: dato che voglio ampliare le possibilità di discussione sul blog (la gestione dei commenti di wordpress.com fa cagare) ho aperto una PAGINA FACEBOOK che vi link comodamente QUI. È stata una scelta ponderata, ma che credo potrebbe giovare a chi legge e sopratutto a me. Da quando ho aperto il blog, oltre ai classici insulti intrinsechi nel web, ho conosciuto parecchie persone interessanti che di musica ne sapevano molto più di me (non che ci voglia molto, eh) ed ho imparato tante cose. Adesso vorrei impararne delle altre, vorrei scoprire più opinioni e nuovi album, per cui “amplio” il raggio d’azione del blog anche a Facebook. Insomma, se volte seguirlo pure là per commentare più agevolmente fate pure, sennò chissenefrega. Stronzi.

Mope Grooves, Num Bats, The Marty Kings, Spit Shake Sisters

Se ogni tanto bazzicate su questo blog vi sarete accorti che la frequenza dei post è leggermente diminuita. Sì, beh, potremmo addirittura dire che si è azzerata del tutto, come la voce di Ian Gillian, ma c’è un motivo finalmente esente dalla mia pigrizia: gli impegni extra-virtuali. Dato che questo blog è un hobby, quindi non è un lavoro né ora né potenzialmente, ogni tanto gli faccio prendere un po’ di sana polvere (quella che gli album dei Deep Purple stanno accumulando come uno swiffer nel mio armadio).

E così invece della solita recensione vi propongo quattro album ignoranti dal sottosuolo, robaccia per feccia come me (e voi), effimera ma autentica.

a3482764700_2Lamebrain/Mope Grooves – Split (2012)

Uscito nel 2012 in musicassetta (pubblicare in musicassetta tira più della figa negli U.S.A., costa poco e fa tanto hipster nostalgico di un’epoca che spesso uno non ha nemmeno sfiorato con la memoria) vede nel lato A i bravi Lamebrain sparare un po’ brevissime perle rock, ma nel lato B vede i Mope Grooves rubare la scena con una frenesia DIY di rara coerenza. L’auto-manifesto di Mope Grooves e il realismo demenziale di My First Girlfriend sono ben più che scapestrate nenie garage punk. Il ritmo confuso e urgente di Take The Garbage Out ricorda le prime garage band, My Dick In On The Inside (Of My Brain) è un garage demenziale allucinante, il testo inoltre è piuttosto geniale «if you wanna fuck tonight/ dick is on the inside of my brain». Non è solo punk, ma è punk senza posa, senza il bisogno di esserlo ma perché lo si è. Chiude degnamente I Fell Like 15 Bucks. Recuperate queste perle, non ve ne pentirete.

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a3105976134_2Num Bats – Gentle Horror (2014)

Semplicemente la miglior band grunge in attività, con una voce alla Clementine Creevy (Cherry Glazerr) e un’indole deliziosamente punk. «To die/ you gonna die» credo sia l’inno punk più bello degli ultimi anni, una forma piacevole di dissenso contro la depressione egocentrica che spopola sul web, quell’insano bisogno di avere tutte le attenzioni su di sé suscitando pena e sconforto. Che dire dei Franz Ferdinand spurgati dai loro futili abbellimenti di I’m Broke, c’è pure un pizzico di Black Belles dove non guasta. L’indole “horror” viene fuori particolarmente in pezzi come Tommy So Hungry e Doctor 5 ma è forse l’elemento più forzato dell’album. Nota di merito invece per la “crampsiana” (almeno nelle linee di basso di Sophie Opich) The Other Angry Woman, quattro minuti davvero ben spesi. C’è ancora tanto da migliorare, ma tra le uscite di quest’anno “Gentle Horror” non sfigura eccessivamente.

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a0518920768_2The Marty Kings – XVII (2013)

L’urlo alla Ron Presley di Andy Macbain in My Way è il miglior biglietto da visita possibile per i The Marty Kings, progetto collaterale ai Tunnel Of Love (come anche i The Monsieurs sempre di Macbain), un garage pop rock viscerale con influenze che vanno dal surf alla psichedelia, è demenziale, punk, goliardico, dal vivo è come assistere ad una deflagrazione di corpi umani, immagino sia chiaro che ritengo Andy Macbain tra le menti più fertili di tutto il Massachusetts e del garage in generale. Strascicato in Talk this Way o devoto alla causa di J.T.IV come in When I’m Gone, psichedelico e “barrettiano” in Little Arthur, sempre con un’ironia che lo discosta da tutti gli altri. È dannatamente evidente che Macbain lavori con più efficacia al di fuori del punk dei Tunnel Of Love, album come “XVII” e l’esordio omonimo dei The Monsieurs (2014) sono tra il miglior garage rock degli ultimi anni, da recuperare assolutamente.

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Ehm, l’unico video che ho ho trovato è dei The Monsieurs, ma vale lo stesso, fra l’altro attaccano con l’ottima Kari Anne del nuovo album.

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a0952120887_2Spit Shake Sisters – Overdope/Modern Drugs Make Aliens EP (2013)

Sono inglesi, il che è una bella novità per questo blog. Il loro garage dalla noiosa Brighton è tutt’altro che grigio come il tanto vituperato cielo inglese, ma è imbevuto di LSD e speed, sembra di ascoltare dei Dreamsalon sovreccitati, il tutto aiutato da due chitarre delle volte quasi stoner. Piuttosto banalotti, melodie orecchiabili e niente di che in fondo, ma hanno del potenziale, sopratutto considerando la virata più incazzata che potrebbe prendere il nuovo album (o almeno il video di Blasphemer sembra promettere bene). Un pizzico di Black Lips, due gocce di Ty Segall e un po’ di altezzosità regale. Stiamo a vedere.

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